In 100 dei 300 anni di vita di Fluminimaggiore, la banda musicale Santa Cecilia ha un ruolo importante. La sua longevità è straordinaria per un paese di poco più di 3000 anime. La nascita è legata, come la storia del paese, alle miniere. Alla fine dell’800 operavano bande musicale nella miniera di Acuaresi, a Buggerru e Iglesias. Erano formate da minatori che mitigavano le fatiche dilettandosi con gli strumenti.

 

Questi gruppi erano l’unico passatempo per le famiglie dei minatori, che si riunivano per ore ad ascoltare la sola musica che in quel tempo si poteva permettere la classe operaia. I fluminesi, non avendo una banda, si sentivano inferiori ai buggerrai, nemici di sempre. Allora alcuni appassionati si rivolsero a Emilio Cintura, a Nebida: era figlio di un impiegato di Ozieri da cui ereditò la passione per la musica. Trasferitosi a Flumini, ebbe dal Comune l’incarico di costituire la banda, che debuttò l’11 aprile del 1910. La grande guerra costrinse alla fermata. Ripresa verso il 1920. Nei 20 anni tra le due guerre, la banda fluminese, assunto il nome di Santa Cecilia, svolse intensa attività, ogni famiglia aveva parenti nell’organico. I più grandi coinvolgevano figli e nipoti e ancora oggi ci sono i discendenti di quei pionieri ( tutte le famiglie hanno o hanno avuto un parente nella banda). Con il fascismo si verificò un fatto raro: il paese ebbe due bande: quella dei rossi-socialisti facente capo al Comune e la fanfara dei fascisti, con tanto di camicia nera. Alla fine della guerra l’originaria banda riprese l’attività con l’inserimento di altri componenti, anche con gli strumenti usati dai fascisti.

 

La storia di questo complesso si suddivide in tre periodi assai lunghi, ognuno legato a un direttore. Nonostante i 100 anni, la Santa Cecilia ha avuto solo tre direttori. Il primo è stato Emilio Cintura, il cui incarico è durato ben 50 anni (interrotto solo dalle guerre) ed ha avuto termine con la sua scomparsa, nel 1960. La bacchetta passò a Rinaldo Sanna, tziu Rinaldu per tutti, che diede inizio al secondo periodo durato altri 35 anni. Rinaldo Sanna debuttò molto giovane. Questo gli permise di far parte di diverse bande reggimentali, sotto le armi, in giro per la penisola. Rinunciò alla ferma e rientrò in paese, assunto come elettricista in miniera. Innovò profondamente la Santa Cecilia. Operò con passione, impegnava tutte le sere, dopo le fatiche in miniera, nelle lezioni e le prove. Fece debuttare i ragazzi gia all’età di 12 anni. Favorì, tra i primi in Sardegna, l’inserimento femminile e il grande consenso richiamò molte ragazze del paese.

 

Furono anni intensi per la banda che cresceva sempre più. Tziu Rinaldu contagiava i bandisti con il suo entusiasmo. La banda partecipava, oltre a quelle paesane, a tutte le manifestazioni a cui veniva invitata fuori Flumini. Ma nei primi anni 90 il direttore cominciò ad avere qualche problema di salute. Per un po’ di tempo gli fu d’aiuto sua figlia Claudia, ma anche lei dovette lasciare per trasferirsi fuori Sardegna per lavoro. Il maestro Sanna mi conosceva da tempo. Quando la salute gli impedì di proseguire, si attivò affinché fosse il sottoscritto a raccoglierne l’eredità. A giugno del 1995 cominciò la mia avventura, che dura da 18 anni, nella terza fase dei 100. Furono attivati i corsi didattici con docenti specifici per settore. A dicembre 96 si varcò per la prima volta il mare: la banda si esibì in concerto ad Ariccia su invito di alcuni fluminesi lì residenti. Una suggestiva gita natalizia nella capitale fece da cornice alla trasferta. Alla costante attività, negli anni, si aggiunsero tanti concerti, che diedero inizio ad una collaborazione tuttora operativa con altri complessi regionali (Iglesias, Buggerru, Sant’Antioco, Villacidro, Domusnovas, Dolianova, Siliqua, Seui).

La Santa Cecilia crede fortemente in questi scambi, utili per la crescita, attraverso l’organizzazione di concerti nei vari luoghi d’origine, anche a bande riunite, con organici più ampi e la direzione di diversi maestri. Questi rapporti hanno anche favorito scambi turistici e … amorosi. Due delle trasferte fuori Sardegna sono state all’insegna di queste collaborazioni. La prima nel 1999 con la banda di Dolianova, partecipando al concorso nazionale di Venturina e aggiudicandosi il primo posto assoluto. La seconda nel 2005 con la banda di Domusnovas, con un secondo posto al concorso nazionale di Cascina. Le altre due trasferte hanno visto la Santa Cecilia onorarsi di aver rappresentato le bande sarde al giubileo dello spettacolo nel2000 in Vaticano, animando alcune parti della Messa celebrata da Papa Woytila, presenti le maggiori autorità nazionali della cultura e dello spettacolo. Grazie anche a questa partecipazione, la banda fu invitata nel 2002 ad esibirsi alla festa sarda organizzata da emigrati a Saronno.

 

Un ruolo importante è stato svolto nei festeggiamenti per i 300 anni del paese, con l’animazione musicale di tutte le cerimonie, per le quali alcuni componenti hanno steso il testo (musicato dallo scrivente) dell’inno ufficiale della ricorrenza. Pochi anni fa la banda ha pianto la scomparsa del maestro Sanna, al quale è stata intitolata la scuola di musica, celebrata anche da un memorial in suo onore.

L’importanza della formazione voluta dalla banda ha permesso una collaborazione con le scuole cittadine, grazie a un progetto che ha favorito l’ingresso di nuovi allievi. Con questi è stato formato un gruppo strumentale chiamato bandina che svolge attività propedeutica all’ingresso alla banda, ma anche una autonoma attività, con la partecipazione a manifestazioni ad hoc per queste formazioni, che sono il futuro del mondo bandistico.

 

Queste le tappe fondamentali dei 100 anni della banda, celebrati con varie manifestazioni che hanno onorato un gruppo che testimonia un terzo della vita di Flumini. Significativa la riunione straordinaria del Consiglio comunale, che delibera che la banda è patrimonio storico del paese, con ruolo strategico nella formazione di diverse generazioni di cittadini (alcuni di essi hanno appartenenza di quasi 40 anni e altri tra i 20 ed i 30) che hanno tracciato un indelebile progresso culturale. Realtà paesane come questa sanno dare segnali collettivi, facendo formazione e favorendo la socializzazione, onorando il paese d’origine diventandone un emblema.