“Condivido il momento di estrema bellezza che ho vissuto questa sera sul colle di Buoncammino”. Inizia così il racconto di Virginia Saba, giornalista de L’Unione Sarda e di La donna sarda, presente alla celebrazione di sa Missa cantada in Limba mama, officiata a Cagliari dal Rettore Mons. Mario Ledda e dal sacerdote oristanese Don Antonio Pinna che ha guidato i canti e tenuto l’omelia che di seguito pubblichiamo.
“Nella piccola chiesetta di San Lorenzo, dove finisce la terra e comincia il cielo – continua Virginia Saba sul suo blog di face book sono rimasta incantata nel vedere come una messa celebrata in lingua sarda possa restituire dignità a uomini finalmente rispettosi della propria identità. Quelle parole nella lingua delle nostre madri erano più vere. Come dardi magici hanno riscaldato l’anima tanto da fare sembrare gelida la celebrazione in italiano. Le launeddas e la musica di Vittorio Montis hanno reso ancora più incredibile l’incanto. Ora se davvero qualcuno si vuole opporre a tanta bellezza, se non capisce, se altri preferiscono contaminare le radici con altri accenti, se ci chiedono di nasconderle, se dobbiamo chiedere permessi per usare la nostra lingua, continueremo a non essere nessuno. Io oggi mi sono goduta la mia spiritualità di donna sarda. Ed è stata una bellissima sensazione”.


Dalla chiesa gremita, la eco di sa Missa cantada in Limba sarda si espande fuori, oltre i confini dell’Isola, fino alle estreme periferie del mondo. Così il commento di Christian Solinas, assessore e consigliere regionale nella nostra Isola, amplificato dai social network: “Quanta bellezza, alle soglie del sublime – scrive meravigliato – dove cielo e terra si sfiorano sull’altare della storia, della nostra cultura, di una lingua che ancora fa vibrare le corde più riposte dell’animo, stimolando sulle note di uno strumento arcaico ed arcano l’insopprimibile esigenza di avere consapevolezza di sé e delle proprie radici per potersi confrontare meglio col mondo… non per rinchiudersi nella celebrazione del passato o per contemplare l’isolamento ma per essere noi stessi nell’universo… Guidando stasera pensavo a come quel gioiello architettonico, edificato in stile romanico provenzale dai Monaci Vittorini di Marsiglia per ordine di papa Gregorio VII all’indomani dello Scisma d’Oriente, abbia attraversato i secoli, le numerose modificazioni, addirittura le successive intitolazioni (prima a San Pancrazio, poi a N.S. del Buen Camino fino a San Lorenzo), mantenendo tuttavia la sua funzione, quasi l’orgoglio delle sue origini, la riaffermazione continua del suo “esserci” nella storia e nel tempo… Ebbene davanti a tanto splendore, ad un cenacolo spontaneo di donne e uomini che hanno voluto celebrare in una sera piovigginosa di gennaio la propria Fede con la propria lingua e le sue tradizioni, ho compreso l’angoscioso piacere del sublime… quel nodo in gola che ti prende osservando la grandezza e l’estrema bellezza di un qualcosa che potrebbe distruggere in un istante chi la prova, la vive o semplicemente la osserva…Nel frattempo Bach accompagnava i miei pensieri…”


Di seguito, l’omelia di don Antonio Pinna “che ringrazio – conclude Virginia Saba – per la meraviglia che ci ha regalato. Tra l’altro citando un ateo. Gramsci. Già”.