Mamme a quaranta-cinquant’anni, si può? Si può, e sono dette mamme attempate. Anni fa lo si diceva delle donne-mamme oltre i 35 anni. Quando la maternità per limiti d’età o per patologie varie è impossibile, si ricorre, grazie ai progressi scientifici, alla fecondazione in vitro, che può essere omologa o eterologa. Nell’omologa il seme e l’ovulo utilizzati appartengono alla coppia dei genitori del nascituro, nell’eterologa il seme o l’ovulo, sono donati da un individuo esterno alla coppia.

 

Si parla di embriodonazione quando sono donati sia l’ovulo sia il seme. Esistono banche del seme i cui campioni possono esser utilizzati, dalle coppie in tutto il mondo ma non in Italia perché sono vietate. Infatti la legge 40 del 2004 vieta l’eterologa e la surrogata mentre consente la procreazione medicalmente assistita solo alle coppie conviventi, escludendo single e gay, al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità… e assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito.

 

Sino a qualche tempo fa all’Ospedaletto di Quartu operava il ginecologo Andrea Gandolfi e la biologa Nicoletta Maxia che con il supporto del loro team avevano creato, col tempo, un rifugio sicuro per tutte quelle coppie che avevano, appunto, problemi di sterilità o infertilità.

 

Non solo vi giungevano donne da tutta la Sardegna, ma anche dal resto d’Italia. Poi, inspiegabilmente, Gandolfi e il suo team trovano chiusa la sala operatoria con il pretesto dell’uso eccessivo, oltre l’orario, e vengono licenziati in tronco, con l’impossibilità di utilizzare le attrezzature di proprietà dello stesso Gandolfi, e gli embrioni congelati pronti per essere impiantati. Sgomento, irritazione, perplessità, da parte delle donne seguite da Gandolfi. Riunioni, dibattiti, interventi sulla stampa locale, tutto inutile. Ora Andrea Gandolfi lavora a Bergamo seguito dalle sue pazienti.

 

 

Dottor Gandolfi, a distanza di tempo un giudizio sull’episodio. Come si trova a Bergamo?  Tornerebbe in Sardegna a lavorare?

Ho passato dei brutti momenti perché il colpo è stato forte e inatteso ma ho superato tutto grazie alle mie pazienti e ai loro compagni che mi sono stati vicino. Mi prospettavano soluzioni, ipotesi di lavoro, mi accompagnavano su e giù per la Sardegna e l’Italia in cerca di una sede idonea per metter su un nuovo laboratorio senza che chi poteva alzasse un dito. Mi dicevano: andiamo, vediamo, facciamo. Finalmente Bergamo, dove tutto funziona al meglio, senza spese per l’utente perché tutto è a carico del Servizio Sanitario Nazionale. La Sardegna mi è rimasta nel cuore  Tornarci a lavorare? Non so, vedremo.

 

Ma per le single quale via è percorribile per giungere alla maternità se in Italia non si può? Si va all’estero.

Ci sono vari siti, il più noto è cercounbimbo.it (37 mila iscritti, duemila visitatori al giorno) con numerosi suggerimenti, consigli, notizie per chi è interessato. C’è tutto un tam-tam solidale delle donne che sono andate all’estero per diventare madri e che si mettono a disposizione con la loro esperienza dando consigli e suggerimenti a chi vuole percorrere lo stesso cammino. Alcuni sostengono che non è giusto crescere un figlio da sole perché la figura paterna è insostituibile. Ma quante donne separate o abbandonate dai loro compagni lo hanno fatto? E poi non esistono forse le famiglie con nonni, zii, cugini e amici pronti a donare affetto e aiuto?

 

Se fanno notizie le donne famose come attrici, cantanti, presentatrici, le altre come vivono dal momento che non hanno le stesse possibilità economiche?

Come vanno avanti tra lavoro casa e bimbo le varie Mariangela, Maria, Francesca? Vanno avanti fiduciose, serene con i loro bambini, risolvendo di giorno in giorno i problemi della quotidianità, aiutate anche dai familiari e da vari supporti e opportunità offerti dai servizi sociali.