La crisi e lo spopolamento delle comunità che per secoli hanno vissuto nelle generose montagne del Gennargentu, hanno prodotto questo strano fenomeno: paesi vuoti, città piene. I nostri paesi del Centro Sardegna si sono, negli ultimi trenta-quaranta anni, impoveriti, sia dal punto di vista demografico sia dal punto di vista economico. I due terzi della popolazione regionale si sono concentrati nei tre poli di attrazione dell’ Isola: Cagliari e hinterland che raccolgono circa la metà della popolazione sarda, Sassari e Olbia che ospitano un terzo dei residenti. Il restante terzo della popolazione continua a resistere nei piccoli centri montani e nei piccoli comuni dell’Isola.

 

Nei nostri centri montani Il boom economico del secondo dopoguerra ha prodotto (anni Cinquanta-Sessanta) un limitato benessere di riflesso, dovuto agli investimenti,  soprattutto edilizi, dei nostri emigrati nel triangolo industriale Milano, Torino, Genova o, per chi ha trovato lavoro all’estero, Germania, Francia, Gran Bretagna. Sembrava che i nostri paesi avessero intrapreso la giusta strada dello sviluppo: incremento demografico e qualche segnale di vitalità economica.  Il fenomeno si rivelava ben presto aleatorio. Alla fine degli anni Settanta si registrava un secondo fenomeno migratorio, questa volta non verso le città industriali del Nord Italia, bensì  verso le città più importanti della Sardegna con vocazione terziaria, in primis Cagliari, ovvero con vocazione turistica, quali Olbia, Tortolì, Alghero.

 

Quelli che come me, e sono tanti, in quel periodo passarono il Rubicone, si sentono oggi un po’ come le mangrovie che, pur affondando saldamente le loro radici nella  terra, continuano a tenerle immerse anche nell’acqua che ha dato loro la vita. Non voglio certo parafrasare il ragazzo della Via Gluck di celentaniana memoria ma, a distanza di anni, comincia a manifestarsi una strana esigenza: quella di pensare a quello che c’era e ormai non c’è più.

 

Nel 2010 una ventina di ussassesi residenti a Cagliari pensano di costituire una associazione a cui viene dato il nome di Trempa Orrùbia che arriva a contare oggi un centinaio di soci. Trempa Orrùbia  si distingue, nel suo breve periodo di operatività, per l’organizzazione, anche in stretta sinergia con la Pro Loco, di una serie di attività mirate a promuovere il paese di Ussàssai. Il 29 dicembre 2012 viene presentata ad Ussassai l’iniziativa più significativa realizzata sino ad oggi dall’Associazione: la pubblicazione del primo numero del Giornale a cui è stato dato il nome di Trempa Orrùbia – Novas de Ussassa. L’idea è quella di raccontare il paese, di ricostruire la sua storia millenaria seppur marginale, studiarne le tradizioni, analizzare i pregi e i difetti degli ussassesi,  valutare le potenzialità del paese e dare un contributo a fermare il fenomeno di declino che rischia di pregiudicarne definitivamente la sopravvivenza.

 

Al convegno di presentazione, che si è svolto al Centro di Aggregazione di Cobingiu, hanno partecipato il direttore del giornale Antonella Loi, il giornalista Paolo Pillonca e i redattori Carlo Mura, Alessandro Coni, Laura Lai, Romina Puddu, Maria Cristina Puddu, Laura Loi, Paolo Concu, Lucia Loi, Anna Mura e Stefania Deplano. Da segnalare la consistente partecipazione dei cittadini ussassesi all’evento che hanno manifestato apprezzamento e gradimento per l’iniziativa.

 

I lavori si sono svolti in una atmosfera molto suggestiva e ricca di pathos e non sono mancati i momenti di commozione. Gli interventi dei relatori hanno evidenziato che gli ussassesi, sia quelli che sono andati a lavorare fuori, sia quelli che sono rimasti, avvertono una fortissima esigenza: quella di mantenere una comunità unita,  che provi a resistere alle forze centrifughe della globalizzazione che tutto tende ad uniformare e ad omologare e che sappia conservare, valorizzare e promuovere le proprie peculiarità che solo apparentemente possono sembrare antistoriche e obsolete.

 

Sarà proprio la biodiversità culturale, oltre quella ambientale, ad assicurare un futuro al piccolo paese di Ussàssai e agli altri paesi del Gennargentu.