“Della Sardegna mi piace tutto: la testardaggine che ci caratterizza, la voglia di fare le cose e farle bene. E poi la luce, i colori, i sapori, il profumo che sento quando scendo dall’aereo è impagabile”. Sono le parole di Valeria Pirodda, cagliaritana di nascita ma con residenza a Tokyo. Dall’altra parte del mondo, a 10.269 chilometridi distanza dal capoluogo isolano, come dicono i siti ufficiali che calcolano le lontananze dalla terra che le ha dato i natali. L’Oriente e in particolare il Giappone rappresenta una delle nuove frontiera di questo mondo sempre più globalizzato: in questi ultimi lustri è diventata terra anche di tanti sardi costretti ad emigrare. Valeria è arrivata nella terra del Sol Levante dove la sua gente “vive per lavorare e non lavorano per vivere” in un mix di  frenesia, di precisione, di forzata cortesia.

 

“Ho sempre pensato che ci siano tanti punti in comune tra sardi e giapponesi, a parte l’insularità o forse proprio per questa: siamo entrambi diffidenti all’inizio ma generosi subito dopo. Sicuramente hanno un senso innato dell’ospitalità…ma solo una volta conquistata la loro fiducia. Mi hanno sempre accolta a braccia aperte, ho tanti cari amici, e su alcuni posso contare veramente”.

 

Valeria Pirodda ha vissuto in Sardegna sino al diploma. Poi ha cominciato a vagabondare per il mondo. “Ho sempre avuto la passione dei viaggi e delle culture culture dissimili dalla mia, quella orientale in particolare aveva già iniziato a mettere radici nella mia testa. Adoro l’arte in tutte le sue forme e sono sempre stata attratta dalla combinazione arte-filosofia, in particolare dalla calligrafia giapponese”, dice. “Lo spirito di avventura mi ha sempre accompagnata tant’è che sono partita a 18 anni per fare la au-pair in America dove avrei voluto continuare gli studi universitari in lingue orientali, che poi ho fatto a Venezia con specializzazione in nipponistica, con l’idea di creare un ponte tra Sardegna e Giappone. Nel corso degli anni non mi sono scostata troppo dal progetto: dopo la laurea ho fatto l’insegnante di italiano a Tokyo per un anno. E poi, tornata a Cagliari, ho iniziato a fare da cicerone ai miei ex studenti, poi ai loro amici e ancora agli amici degli amici. Il passaparola è il migliore marketing che esista. Nel frattempo ho conosciuto tutti, credo, i giapponesi che vivono in Sardegna, con alcune si è creato un bel rapporto e siamo sempre in contatto”.

 

E quindi questo percorso professionale che ti ha portato ad emigrare?

Diciamo che la situazione in Sardegna non era e non è delle migliori e i turisti giapponesi sono ancora troppo pochi per poter vivere solo di quello. Ho rifatto le valigie e sono andata a Roma per lavorare in un grosso Tour Operator nipponico con l’intenzione, una volta rotto il ghiaccio, di proporre nuovi itinerari, diversi dalle splendide Venezia – Firenze – Roma, ovvero Cagliari – Nuoro – Alghero. Purtroppo mi sono scontrata con la parte ottusa di questo popolo. Così appena mi hanno proposto di andare a Tokyo non ci ho pensato due volte. Sempre difficile, certo, ma entrare dalla porta principale a casa di persone diffidenti nei confronti dello “straniero” ha i suoi lati positivi.

 

Il tuo distacco dalla Sardegna. Come lo hai vissuto?

Non lo considero un distacco, la mia voglia di curiosare il mondo mi ha allontanata ma sono sempre ritornata  per raccontare quello che ho vissuto in prima persona. Certo ora il rientro, anche se solo per brevi vacanze, lo vedo lontano, e questo si mi fa un pò male. Ma ci saranno tempi migliori….e per fortuna c’è internet!

 

Come l’hanno presa in famiglia?

Alla fine bene. Sono l’ultima di 5 figli, tutti sistemati più o meno, ma sicuramente stabili in un posto. I miei genitori, papà oculista e mamma casalinga, non mi hanno mai fatto mancare nulla. Mi hanno lasciata libera di scegliere quello che mi piaceva fare e gliene sarò sempre grata.

 

Parlaci del progetto di un circolo sardo a Tokyo

Beh, dato che ho conosciuto tutti i giapponesi che vivono in Sardegna, ora voglio conoscere tutti i sardi che vivono in Giappone. Non credo saremo in tanti, qui non esiste una tradizione di immigrazione come può essere successo in America o in Australia. Siamo tutti “giovani”, di prima generazione, giunti qui per motivi di studio, per lavoro o per amore. L’idea del Circolo che sto realizzando insieme ad alcuni conterranei è perfetta, soprattutto in questa città enorme e dispersiva, dove sicuramente non manca nulla a livello materiale, ma manca quel calore a cui siamo abituati. Ci vuole un posto dove potersi incontrare, scambiare due chiacchiere, che non sia necessariamente un ristorante o un locale notturno. Un luogo che diventi un punto di riferimento per chi risiede a Tokyo ma anche per coloro che vogliono conoscere la Sardegna a 360 gradi: la storia, le tradizioni, le usanze, la cultura millenaria, la lingua. Ci sono tante cose da mettere sul tavolo…..sarebbe bello riuscire a facilitare i rapporti reciproci. Gli interessi da parte di entrambi ci sono: già si intravedono prodotti alimentari con bottarga in testa, negli scaffali dei supermercati. Ci sono studi importanti riguardo la longevità che legano i due Paesi e studiosi universitari che approfondiscono il discorso della lingua sarda, e così via.

 

Insomma, l’isola comunque sia è sempre nel tuo cuore?

Ovunque sia stata ho sempre portato con me un pezzo di Sardegna, ne ho sempre parlato a tutti quelli che ho incontrato nel mio cammino, e mi sono impuntata soprattutto qui in Giappone perchè la conoscono in pochi e a volte non viene segnalata neppure nelle cartine dell’Italia. Mi è capitato di fare delle presentazioni riguardo la storia e le tradizioni  spesso sottoforma di lezioni di cucina sarda. Questi nipponici si lasciano prendere volentieri per la gola….e a me piace cucinare!