“L’ho fatto per orgoglio. È la mia personalità, il mio amore per l’arte”. Chi sospettava che don Eliseo Lilliu, parroco di Sant’Antonio di Santadi, da prete non riuscisse ad allestire un museo si sbagliava. La sua passione per l’arte in una quindicina d’anni gli ha permesso di raccogliere svariate collezioni -dalla ceramica all’iconografia russa- di valore inestimabile. Le diverse meraviglie sono esposte e hanno dimora nel Museo Pinacoteca di don Eliseo. Attualmente casa abitativa, è disposta su tre piani con circa400 metri di spazio espositivo a Terralba, piazza Pauli Piscus. Oggi la casa-museo è proprietà del parroco ma il progetto è che diventi della cittadinanza, un museo civico.

 

Il museo-pinacoteca non è la prima fatica di don Eliseo. La sua esperienza risale a quando, studente, iniziò a ricercare e custodire svariati oggetti di proprietà dei frati nella zona cimiteriale sotto il santuario di Sant’Ignazio a Cagliari.Tutto scaturì dalla volontà di salvaguardare le opere d’arte. Spiega don Eliseo: “La maggior parte dei frati non si curava affatto dei beni preziosi”. In altre parole,  senza il suo apporto molti oggetti sarebbero andati perduti. “Non potevo sperare di più dalla vita”.

 

Sono stati due docenti di Siena (lì don Eliseo ha frequentato il liceo), uno laureato in filosofia e l’altro in lettere classiche, a trasmettergli la passione per l’arte. Ad Assisi apprezzò le meraviglie degli autori vissuti tra il 1200 e il 1400: Giotto, Cimabue, Simone Martini. Al ritorno in Sardegna, si rese conto dell’esigenza di preservare i beni del mondo diocesano e non solo.

 

Dopo Cagliari, Sanluri. Qui allestì un museo presso il convento dei Cappuccini. “Piano piano coprivo gli spazi con gli oggetti che recuperavo fino a farlo diventare un museo. Un successone”. Anche in questo caso molti dubitarono delle capacità di don Eliseo. L’allora superiore provinciale infatti, pensava che fosse impossibile realizzare una mostra “con due carri vecchi e una scemenza”, ma anche in questo caso gli scettici furono smentiti dai fatti. Il museo, tra l’altro, raccoglieva 17.500 immaginette frutto della ricerca di don Eliseo. Ciò permise la pubblicazione del libro Santi, santini e immaginette che finanziò l’attuazione del museo.

 

Lasciato il convento, da prete don Eliseo perse il diritto di accedere ai beni dei frati e alle reliquie collezionate negli anni. “Non avevo più nulla, dovevo ricominciare da zero. Pian piano ce l’ho fatta, ora la casa è talmente piena che non c’è più posto per altro”, spiega il parroco. Il museo è stato inaugurato il 14 novembre del 2004 alla presenza del vescovo di Ales-Terralba e del prefetto di Oristano, padrini dell’evento. Il museo raccoglie svariate collezioni che arredano la casa: “Ogni cosa è a suo posto. I libri del 1500 dove stanno? In biblioteca”.

 

Ad ogni collezione è associata una pubblicazione corrispondente come nel caso della ceramica che vanta un vasto repertorio a partire dall’età pre-nuragica sino al 1950 con le opere di Dina Pala (scultrice e pittrice di Terralba), minuziosamente descritta nel libro La Ceramica, 8.000 anni di vita terralbese. Tra le ceramiche, pezzi rarissimi: “Non si trova nulla di simile in Sardegna, è il meglio del meglio”, come i tre piatti attici a figure nere su fondo rosso del sesto secolo a. C. che ritraggono lo scontro tra Achille e Ettore, discipline delle Olimpiadi e l’amore maschile di Omosessualità. Dello stesso periodo il vaso con manico a figure nere su fondo rosso: raffigura Ercole in una delle sue dodici fatiche. L’effige rappresenta la quarta, la cattura del cinghiale Erimanto.

 

Molti reperti archeologici sono stati trovati a Nuraciolu (Terralba), come la navicella votiva in bronzo utilizzata come dono agli dèi, l’unica rotta e riparata nel nuragico. Il museo ha un vasto assortimento di luminarie (ora raccolte in un libro, La Luce nel tempo e nella fede), dalle lucerne del periodo romano imperiale del II-III secolo a. C. ai candelabri in stile liberty. Il museo-pinacoteca ospita un centinaio d’icone russe dal 1500 ai primi del 1900. Di grande bellezza il San Giovanni, originale per la grande espressività dello sguardo. Tra i dipinti molte tele di autori sardi dal 1500 al 1900. Alcune opere recenti sono della pittrice Dina Pala e di don Eliseo (tecnica della pirografia) e una ricca raccolta di immaginette del 1700 e 1800 come il Cofanetto di immaginetta e fiori di carta realizzati dalle suore come ringraziamento ai benefattori o la Madonna con Gesù in braccio, in pizzo traforato a mano. Nel giardino macine a schiena d’asino in basalto (neolitico recente) e un’àncora punica recuperata da don Eliseo nei pressi di via Nazionale (Terralba), che rischiava di rimanere sepolta dalla strada in costruzione.

 

Il museo esibisce una collezione di stampe dal 1500 al 1940 e abiti del primo 1900. Tra le collezioni, una è dedicata alle monete puniche, romane e medievali, riassunta nel libro Monete antiche. La casa-museo di don Eliseo ha un patrimonio inestimabile, talmente vasto che l’occhio del visitatore rischia di perdersi.