Massimo Mocci, classe ’63, cagliaritano, motociclista da più di trent’anni, venti da agonista. La disciplina su due ruote che pratica Massimo Mocci -impiegato assicurativo- è il fuoristrada, la sua passione viscerale è per il Raid TT (Tout Terrain). Partecipa nel 2008 e nel 2010- fra i pochissimi sardi- al Rally dei Faraoni (il secondo Rally più importante al mondo dopo la Dakar) e nel 2008 conclude addirittura la competizione internazionale. Quattro i Rally di Sardegna al suo attivo, tre Rally d’Umbria, altre gare in giro per l’Italia. Da due anni, con il Motoclub Arborea, programma il suo futuro su due ruote e ci racconta questi trent’anni d’amore incondizionato per la moto.

 

-Massimo, come e quando nasce questa particolare attitudine a uno sport di nicchia molto costoso?

In effetti la disciplina che pratico io, il fuoristrada, è molto costosa. Prima di tutto perchè una moto da competizione costa più di 10000 euro di base, e senza la moto non si va da nessuna parte. Poi ci sono l’attrezzatura, le gomme, ecc. Questo solo per uscire a fare un giro, per non parlare del costoso allestimento per le competizioni, i Rally (come quello di Sardegna, ecc) e i  Raid TT(come Dakar e I Faraoni). La mia passione è nata in modo assolutamente spontaneo a 14 anni: quando scambiai il mio vespino -tra l’altro comprato con i risparmi messi da parte dalla vendita porta a porta di strofinacci e detersivi nel tempo libero dalla scuola- con un Caballero 50, moto da cross che tutti i quarantenni ricorderanno. Io non sono ricco di famiglia, ma figlio di un impiegato, e la passione sin da bambino per l’enduro era così forte da far di tutto per realizzare il mio sogno. Lavoro da quando avevo vent’anni, ho sempre fatto grandi sacrifici per mantenere la mia passione, alla quale non rinuncerei per nulla.

 

-Tu parli di raid, di rally, di fuoristrada, spiega nel dettaglio il mondo dell’enduro.

In realtà il mio mondo è quello del ‘fuoristrada’. Che viene praticato in generale con moto da enduro (che tutti conosciamo, le marche più famose sono KTM e Huskvarna ma anche le storiche Yamaha TT e XT) e, come dice la parola, fuori da strade ortodosse, quindi in sterrati, campagna, montagna, sino ad arrivare alle dune d’Africa, ma anche di Sardegna. Poi il ‘fuoristrada’ si divide in tante discipline: enduro (con moto targate e omologate, fari e specchietti) in gare con due prove speciali a giro (circuito circolare) della durata complessiva di 4-5 ore; motocross, si pratica con moto ‘spoglie’, senza targa e specchietti, non omologate, con erogazione di gas -accelerazione- molto superiore all’enduro, in gare a circuito; moto rally: si pratica con moto da enduro ma con l’aggiunta di strumentazione (roadbook: specie di navigatore cartaceo a rullo su cui vengono date indicazioni sul tracciato della gara) in gare di un giorno solo e di circa200 km.; raid tt (tout terrain): si disputa con moto da enduro ma dura 4-5 giorni, per lunghezze di circa300 kmal giorno, come il Rally di Sardegna, la Dakar e I Faraoni).

 

-Hai partecipato a importantissime gare internazionali, come ‘I Faraoni’ in Egitto, due volte. Che preparazione ci vuole per gareggiare in competizioni del genere, chiunque può parteciparvi?

Una preparazione prima di tutto fisica. Io per tutto l’anno precedente il rally dei  Faraoni mi sono allenato duramente con un personal trainer di ventennale esperienza in palestra, allenamenti specifici tre volte alla settimana per le caratteristiche altamente stressanti della gara. Almeno altre dieci ore fra bicicletta e corsa alla settimana. Un allenamento così duro viene giustificato dall’alta sollecitazione fisica alla quale viene sottoposto il concorrente: altissime temperature, guide per circa dieci ore consecutive al giorno (per cinque giorni) ad alte velocità, percorsi molto difficili. Ma la componente fisica non è tutto: occorre avere una tenuta psicologico-emotiva molto forte per reggere alle condizioni stressogene del Rally dei Faraoni. Io abbino la preparazione fisica e quella tecnica, con il maggior numero possibile di ore sulla moto (per me che lavoro in un ufficio solo il fine settimana) a una preparazione spirituale: pratico da vent’anni na disciplina filosofico-religiosa orientale: aiuta molto nella concentrazione (fondamentale nella gara). Per partecipare a ‘I Faraoni’ occorre una rigidissima preparazione, non per nulla l’ho affrontata per la prima volta dopo vent’anni di agonismo. Per non parlare dell’impegno economico: le spese vive per ‘I Faraoni’ sono di circa diecimila euro fra iscrizione, voli aerei, affitto strumentazione e cambio gomme, valore della moto e attrezzature basilari escluse (caschi, tute, guanti, ecc).

 

-In vent’anni di agonismo ti sei preso belle soddisfazioni: qual è la più grande? Qual è il prossimo obbiettivo?

Dal punto di vista strettamente sportivo la massima soddisfazione è stata aver concluso il Rally dei Faraoni nel 2008 alla mia prima partecipazione. Ancor più grande, nel rally del  2010, quella di aver soccorso  per primo un compagno  di gara che aveva avuto un grave incidente nel deserto ed aver avvisato i sanitari: penso di avergli salvato la vita. Questo vale più di qualsiasi alloro o medaglia. Prossimo obbiettivo? Quello di sempre: non perdere l’entusiasmo di trent’anni fa, ancora vivo come allora! E perché no…tornare a breve a gareggiare in Africa…il mal d’Africa esiste!