Se ci arrivi provenendo da Perfugas, già prima che appaiano le prime case Bulzi ti offre, sulla destra, la visione che il nome stesso sembra suggerire (San Pietro delle immagini) di una splendida chiesa romanica del XII secolo, adagiata su un’altura che domina la sottostante vallata.Tanto che ti viene la tentazione di fare una sosta per andare a visitarla. E ne varrebbe veramente la pena. Ma se riesci, per avventura, a vincere la tentazione e a proseguire il tuo viaggio, subito come ti inoltri nell’abitato avverti, fin dalle prime case, la sensazione di ordinato e di pulito, come di un villaggio fiabesco e quasi in miniatura. D’altronde  questo paese dell’Anglona che non è privo di memorie storiche, anche antiche, conta poco più di seicento anime.

 

E non molte di più ne doveva contare nell’anno 1924, quando vi nacquero Leonardo Cabizza(il 27 febbraio) e Francesco Cubeddu (il 29 ottobre), o nel 1941 quando, il giorno 24 novembre, vi nacque Giovannino Casu. Molto diverso doveva invece apparire, sia nel 1924 che nel 1941, l’aspetto esteriore: le strade non erano sicuramente asfaltate o appiastrellate e le case dovevano presentarsi più rustiche e meno curate e rifinite. Oggi però, 5 settembre 2006, ci accoglie nella sua veste migliore, addirittura addobbata a festa, perché si sono appena conclusi i festeggiamenti in onore di Santa Lucia e di Sant’Isidoro e ci si appresta a vivere, quasi a coronamento di essi ma in misura notevole vivente di vita propria, un altro evento. Che non ha come finalità quella di venerare un Santo, ma di attestare un riconoscimento e di rendere un giusto tributo ai tre illustri personaggi che abbiamo in precedenza citato. Perché Bulzi è il paese che più di ogni altro ha dato, in proporzione al numero dei suoi abitanti, ”voci” al canto sardo tradizionale. E che voci! Cabizza Casu Cubeddu, e li citiamo in ordine rigorosamente alfabetico per non far torto a nessuno, sono tra i cantadores più prestigiosi che abbiano calcato i palchi delle Gare a chitarra e di esse siano stati protagonisti.

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A guerra non ancora completamente (1944) o appena (1945) conclusa, rispettivamente Cubeddu e Cabizza iniziavano ufficialmente la loro avventura nel mondo del canto a chitarra. Un’avventura destinata a protrarsi per cinquanta e più anni e che li avrebbe portati a toccare vertici straordinari di successo e di riconoscimenti. Già nel 1947 Francesco Cubeddu conseguiva un’importante affermazione nel Concorso riservato ai canti sardi nel Ferragosto sassarese, imponendosi sui ”mostri sacri” del genere che pure contavano anni e fama e carriera ben più consistenti.

 

Nei primi anni Cinquanta Leonardo Cabizza, primo nel dopoguerra, entrava in una sala di incisione (alla Cetra, col chitarrista Nicolino Cabizza) dando inizio a quella serie di realizzazioni discografiche che faranno di lui il cantadore che può vantarne in assoluto il maggior numero e in uno spazio di tempo che abbraccia tre decenni. Entrambi avranno una carriera invidiabile: più precoce per quanto riguarda apprezzamenti e riconoscimenti Cubeddu, più duratura quella di Cabizza. Il primo è stato un vero beniamino degli estimatori più avveduti ed esigenti, il secondo un campione di popolarità a livello più generale. Il primo è stato insuperabile per tecnica e sapienza canora, il secondo ha posseduto la voce forse più bella, sicuramente più ”sana” e luminosa ascoltata sui palchi delle Gare. Cubeddu ha avuto il merito di riuscire a esprimersi a livelli eccellenti, grazie alla tecnica e all’abilità di cui si è detto, anche quando i mezzi vocali si erano appannati o gli erano venuti meno; Cabizza ha avuto il merito, ma soprattutto il dono, di conservare una voce fresca e squillante fino a tarda età, e mantenere una costanza di rendimento straordinaria.

 

Cubeddu è stato l’unico cantadore sardo a fregiarsi del titolo di maestro del canto sardo, assegnatogli a Nuoro, in occasione della Sagra del Redentore, nel 1987; Leonardo Cabizza è quello che ha avuto i più prestigiosi riconoscimenti fuori dall’Isola(ma ne ha avuto tanti anche in Sardegna), e l’onore di rappresentarla in diverse manifestazioni di grande importanza e in competizioni a carattere interregionale (come Il campanile d’oro e Ventiquattresima ora). E ci fermiamo qui. Basti solo aggiungere, per concludere il discorso sui due, quanto dicemmo in uno dei nostri programmi su Radio Sardegna: ”Dovessimo sintetizzare e definire, con una battuta d’effetto ma efficace, le loro doti precipue, diremmo così: Cabizza, la voce; Cubeddu, lo stile. O ancora, con due sostantivi che costituivano un tempo – e in parte ancor oggi – due dei temi maggiormente trattati nelle Gare poetiche, si potrebbe dire: Cabizza, la natura; Cubeddu, l’arte.

 

Non vorremmo però che qualcuno equivocasse sulla nostra affermazione. Per questo riteniamo opportuno chiarire che non volevamo assolutamente dire che tra le doti di Cubeddu non ci sia anche la voce ( c’era soprattutto nel periodo migliore della sua attività), così come non volevamo assolutamente affermare che Leonardo Cabizza non sappia cantare. Ci mancherebbe: una carriera come la sua  non si spiegherebbe con il solo dono di natura Ma non c’è dubbio che la caratteristica prevalente, che maggiormente colpisce sia, in Cabizza, una voce straordinaria e, in Cubeddu, una tecnica straordinaria.” (A boghe manna piena, le Gare a chitarra negli anni Quaranta e Cinquanta, trasmissione del 7 giugno 1979).

 

Terzo, in ordine di età, tra due giganti autentici, Giovannino Casu è stato, ed è ancora quando, nonostante il ritiro ufficiale, ha voglia di gareggiare, cantadore eccellente, sia per doti vocali che per qualità interpretative; e vanta numerosi estimatori. Ha iniziato giovanissimo la sua avventura sui palchi, sul finire degli anni Cinquanta. Ma ha dovuto interromperla subito per diversi motivi: servizio militare, dimora nella Penisola. La ripresa, che poi è l’inizio più significativo, si ha nella seconda metà degli anni Sessanta. E presenta l’unicità del solo concorrente (e allora vi prendevano parte numerosi cantadores già affermati) ad aver vinto per due volte l’Usignolo della Sardegna a Ozieri (nel 1966 e nel 1969). A Ozieri si è aggiudicato anche la Coppa dei campioni (nel 1970). A differenza di Cubeddu e di Cabizza, che non hanno mai lasciato Bulzi, Giovannino Casu, oltre ad aver vissuto per alcuni anni nella Penisola ha dimorato a lungo a Martis prima di sistemarsi a Porto Torres.

 

Per questi tre illustri concittadini Bulzi ha oggi indossato la sua veste migliore. E quando, intorno alle ore 21,30, sul palco ha inizio la manifestazione, la piazza (non grande ma raccolta, come quelle che anticamente accoglievano le Gare, quasi rustici salotti all’aperto in cui il paese si riversava per l’occasione) è letteralmente gremita. Occupate tutte le sedie opportunamente predisposte; occupato tutto ciò che possa fungere da sedile (gradini, scalinate, muretti); tanti anche in piedi, in fondo alla piazza, o addossati ai muri che ne dettano i confini. A vigilare su ogni cosa, la chiesetta di Santa Croce, restaurata intorno al 1970, da cui la piazza prende la denominazione popolare.

 

I protagonisti della Gara, che sono tre notissimi (ancorché giovani) e ottimi cantadores come Emanuele Bazzoni di Usini, Francesco Demuru di Porto Torres e il siniscolese d’origine ma romano di nascita e di residenza Giovanni Carru, eseguono, grazie anche al solerte impegno di Domenico Pinna che le ha scelte, trascritte e date loro per studiarsele, canzoni scritte da Giovanni Budroni. Un ulteriore omaggio a Bulzi, perché, oltre a ricordare degnamente il poeta locale, nato il 25 febbraio 1900 e morto appena sessantatreenne l’11 febbraio 1963, si dà modo all’attrice Clara Farina, anche lei bulzese, di leggere, con la consumata perizia, i versi prima dell’esecuzione. L’attrice si produce  anche in qualche altra performance, dando prova del suo talento interpretativo.

 

A seguire con grande attenzione, non di rado gratificando con applausi e cenni di consenso le esecuzioni più belle, Leonardo Cabizza, Giovannino Casu e Francesco Cubeddu, in prima fila, tra il pubblico. Molto apprezzati anche i due chitarristi, il bonnanarese Bachisio Masia e Pietro Nieddu di Borutta, tra i pochissimi che suonano arpeggiando alla maniera di Ignazio Secchi e di Adolfo Merella. Ulteriore elemento, questo, che contribuisce a creare intorno all’evento un’atmosfera  d’altri tempi.

 

Ma il momento più atteso, più importante e significativo è quello in cui i tre festeggiati vengono invitati sul palco per ricevere, dalle mani del sindaco, una targa che ne attesta i meriti artistici e l’eccezionale carriera. Ed è singolare, rileviamo en passant, che a rappresentare l’Amministrazione comunale siano tre donne (altro motivo di distinzione di cui Bulzi può andar fiera): Leonarda Pinna, sindaco; Giorgia Manunza, assessore alla cultura; Marina Piras, segretario comunale. Una manifestazione, tiene a precisare il sindaco nel suo breve intervento che  precede la premiazione, compresa  in un progetto molto più ampio facente riferimento, anche per l’aspetto finanziario, alla Legge regionale n. 26 sulla tutela della lingua e cultura sarda e a cui l’Amministrazione comunale sta lavorando con diverse iniziative in cantiere. Nel ricevere l’attestato i cantadores, ai quali il sindaco ha fatto omaggio anche del recente libro di Giovanni Perria La Gara a chitarra e i suoi protagonisti, visibilmente commossi e qualcuno anche un po’ confuso per l’emozione, pronunciano qualche parola di ringraziamento e poi, su proposta dei cantadores giovani, si abbracciano, tra gli applausi dei presenti.

 

Conclusa la cerimonia e smessa, per così dire, l’ufficialità, la serata riprende il normale volto e il consueto andamento della Gara a chitarra fino alla conclusione che, due ore quasi dopo la mezzanotte, vedeva ancora un pubblico numeroso. Pubblico, ci teniamo a sottolinearlo, ben più consistente di quello che la sola Bulzi avrebbe potuto offrire. E infatti da tante altre località, e non solo dell’Anglona, in molti provenivano. Indubbiamente c’era, alla base, il desiderio di seguire l’esibizione dei giovani e apprezzati protagonisti del canto sardo attuale, ma anche, per non dire soprattutto, di vedere insieme sul palco, sia pure solo per ricevere un premio, i tre grandi cantadores che appartengono alla storia della Gara a chitarra, di cui costituiscono una fetta di straordinaria rilevanza e ricordano un momento irripetibile e forse inarrivabile. Un pubblico che ha seguito con particolare attenzione e con vivo interesse tutta la manifestazione, non mancando di far sentire la sua approvazione, nei momenti più validi e intensi, con applausi convinti e mai gratuiti o superficiali.

 

Diverse località della Sardegna, da qualche decennio a questa parte, hanno impreso ad onorare, tra gli altri, anche alcuni artisti dei palchi delle Gare che hanno illustrato il proprio paese con la loro maestria e la conseguente fama: si tratta però, in genere, di figure appartenenti al passato più o meno recente e comunque scomparse. Pochissimi hanno pensato di farlo per personaggi ancora in vita, e pertanto in condizioni di ”godere” di tali riconoscimenti. Tra questi, appunto, l’Amministrazione comunale di Bulzi, a cui va riconosciuto il merito di aver predisposto e organizzato il tutto, con la collaborazione del Comitato dei festeggiamenti in onore dei Santi Lucia e Isidoro. Vivissime congratulazioni, dunque, e…chapeau!

 

D’altra parte, non tutti i paesi della Sardegna possono vantarsi di aver dato i natali a gente come Giovannino Casu, Francesco Cubeddu e Leonardo Cabizza!