A breve distanza di tempo l’uno dall’altro, due centri della Gallura, Luogosanto e Luras, si sono mossi per ricordare e onorare adeguatamente due personaggi sbocciati nel loro seno: due grandi cantadores, per alcuni decenni protagonisti tra i più rinomati della Gara a chitarra.

 

Ha dato l’avvio Luogosanto, il 23 luglio scorso, con una grande manifestazione per Ciccheddu Mannoni (1899-1978). Una manifestazione che, sia pure con modalità che negli ultimi tempi si sono diversificate rispetto alla formula originaria, prosegue pressoché ininterrottamente da un quarto di secolo. E il sottoscritto che, oltre a quella di quest’anno, ha avuto il privilegio di presentare la prima edizione (e poi tante altre di seguito, almeno una quindicina), rivive ancora non senza un brivido l’emozione e la commozione che attraversarono il pubblico presente la sera del 7 dicembre 1981: il grande cantadore era morto da appena tre anni (ad Alghero, dov’era ospite di una nipote), ma il ricordo della sua voce, delle sue cantate, della sua figura era ancora vivissimo e sentito.

 

Se poi i luogosantesi hanno continuato, grazie anche all’interessamento della Pro-loco, a onorarlo per tanti anni di seguito, altro non hanno fatto che ricambiare l’amore che il  cantadore, che poco ha vissuto nel suo paese e molto in giro per la Sardegna e non solo, e altrove è sepolto, per esso ha  in ogni occasione e in vario modo apertamente dichiarato. E  Luogosanto a Ciccheddu Mannoni (che alla Gara a chitarra ha regalato il  canto ”a la Corsicana” e indimenticabili interpretazioni delle melodie di Gallura; e, più in generale, una voce limpida e pura, impregnata di un indefinibile ma percettibile sentore di ”antico” e un cantare straordinariamente accorato e toccante) ha ispirato quel piccolo gioiello che è “La più bedda di Gaddura”:

Tu se’ nata per incantu

delitziosa elmosura

la meddu di Locusantu

la più bedda di Gaddura.

……………………

Cantu campu decu fa’

sempri onori a Locusantu

ch’è la tarra di l’incantu

di ca  veni a istragnà.

 

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Luras, invece, per la prima volta si decide a onorare degnamente Mario Scanu, a quasi vent’anni dalla sua scomparsa. La manifestazione che, assicurano gli organizzatori, sarà la prima di una serie, è prevista per il giorno 9 agosto.

 

Nato il 12 febbraio del 1910, questo straordinario talento capace come nessun altro di stregare gli ascoltatori, in Gara esordì intorno alla metà degli anni Trenta. E, dopo i primi anni di noviziato, grazie anche all’amicizia del grande e allora affermatissimo Luigino Cossu che ne aveva intuito le enormi potenzialità, entrò nel giro che contava, formandosi artisticamente alla scuola di Desole, Porqueddu e dello stesso Cossu.

 

Di suo, aveva una voce di incomparabile bellezza, un istintivo ma sensibilissimo orecchio che gli consentiva di appropriarsi di moduli esecutivi e di spunti melodici di chiunque gli capitasse a tiro, elaborandoli e perfezionandoli con delle rifiniture uniche e irripetibili, delle cesellature di una grazia e di una finezza che sembrerebbero il risultato di un’applicazione attenta e di un’arte eccezionale ed erano, invece, frutto quasi esclusivo di una natura che con lui si era dimostrata particolarmente prodiga destinandolo esclusivamente al canto (l’unica cosa che sapesse e che gli piacesse fare realmente: il sedurre le donne ne era, direttamente o indirettamente, del tutto o in larga misura, una conseguenza). Purtroppo, questa voce così straordinariamente bella era anche paurosamente fragile, e bastava un nonnulla per limitarne il rendimento e per offuscarne lo splendore.

 

E allora Mario Scanu cessava di essere un cantadore eccezionale ed entrava nei ranghi di una squallida mediocrità. Il che gli accadeva abbastanza di frequente. Favorito, in ciò, anche da una vita un tantino sregolata. Ed è questo anche il motivo, o uno dei motivi –gli altri però esulano dall’ambito propriamente canoro– che hanno portato gli appassionati del canto sardo e i fruitori delle Gare a dividersi in due schiere contrapposte: da una parte i fanatici estimatori, dall’altra gli altrettanto fanatici denigratori. Ma, col passare del tempo, certe posizioni si sono ammorbidite, e sempre più, anche tra i giovani che personalmente non l’hanno conosciuto e ascoltato, va prevalendo l’ammirazione per la sua voce e il suo cantare.

 

Perché non c’è dubbio che nelle serate di vena, quando la voce gli si dispiegava in tutto il suo fulgore e la sovrana grazia del suo stile interpretativo  si rivelava appieno in una  policromia di ricami stupefacente e accattivante,  nessun cantadore sardo è stato mai in grado di toccare vertici tanto sublimi di suggestivo incanto e di pura armonia. La sua voce e il suo canto si insinuavano nel cuore degli ascoltatori allo stesso modo in cui si diffondevano, inserendovisi, nel raccolto silenzio della notte. E chi per una volta ha vissuto tale magia, non l’ha più dimenticata.

 

Mario Scanu di è esibito con successo fino quasi alla vigilia della morte, avvenuta nell’ospedale di Tempio la mattina del 12 aprile 1987. Quando lo accompagnammo all’ultima dimora, nel cimitero di Luras, il pomeriggio del 13, un cielo che si era andato progressivamente annuvolando si sciolse in una pioggia grossa e insistente, pesante come lacrime improvvise.