Basterebbero le parole di Gavino Ledda in “Padre Padrone” per capire come la Sardegna sia antropologicamente legata a questo animale, nella solitudine e nella fatica del pastore che vive in funzione degli animali. E’ il caso della sopravvivenza di essere viventi che dipende esclusivamente da altri esseri viventi, dalla vita, dalla salute e dalla produttività. Ma anche da chi quella carne e quel latte vuole consumare. Da qualche anno il settore ovino e caprino da latte sta attraversando un periodo di grande crisi. Determinante per questa è stato l’aumento dei prezzi delle materie prime che vengono utilizzate in allevamento, sia per l’alimentazione che per la gestione aziendale e il contemporaneo crollo del prezzo del latte e della carne ovina e caprina. Si tratterebbe quindi di iniziare la campagna “salva il pastore” e tutta l’economia che ruota attorno. In Italia la maggior parte degli ovini da latte si trovano nelle regioni che vanno dalla Toscana, Lazio, Sardegna, Sicilia, con grande prevalenza nelle isole, la Sardegna da sola ha quasi la metà del patrimonio nazionale, chiudono il Friuli-Venezia Giulia e la Valle d’Aosta che hanno meno di cinquemila capi. Rispetto alle produzioni nazionali, la Sardegna rappresenta il 62% della produzione totale di latte ovino e il 52% di latte caprino. La consistenza caprina è pari al 22% di quella nazionale. Secondo il sesto censimento in agricoltura dell’Istat nel 2010 il panorama della gestione della aziende agrozootecniche vede un insufficiente istruzione e formazione per affrontare e gestire in modo ottimale un’azienda. Riguardo la formazione specifica in agricoltura e zootecnia si evidenzia che Il 95,4 % dei capi di azienda possiede una formazione esclusivamente pratica, l’ 1,1 % una formazione agraria elementare, appena il 3,4% è in possesso di un titolo di studio ad indirizzo agrario (2,6 diploma, 0,9 laurea). A questo si affianca un altro limite dato da un’età media dei capi azienda elevata, compresa fra 55 e 65 anni. Solo il 10,8% ha meno di 40. Le conseguenze? Perdita di competitività, incapacità decisionale, ritardi nei processi di innovazione gestionale e strutturale delle aziende ovine e caprine. Questa lunga premessa di percentuali per inquadrare il settore ovicaprino in Sardegna. Per superare questi limiti congeniti nelle aziende agro zootecniche sarde alcuni professionisti dell’assistenza in allevamento hanno intrapreso un percorso di valorizzazione degli allevamenti attraverso il potenziamento delle capacità riproduttive degli animali. Il progetto “Sementusa” nasce dalla collaborazione di professionisti del settore, l’Associazione regionale Allevatori, ricercatori dell’università e privati che hanno indicato un modus operandi che razionalizza sia l’utilizzo delle tecniche e metodologie per gestire la riproduzione, sia il controllo costante e istantaneo dei risultati ottenuti, in modo da avere in ogni momento dell’annata produttiva i dati riproduttivi chiari e aggiornati. Nel 2011 sono stati prodotti oltre 3.400.00 Qli di latte ovino. La produzione media per pecora risulta di circa 130 litri. Da indagini fatte dall’ARAS si è evidenziato che i valori produttivi medi così bassi sono determinati da un elevato numero di pecore improduttive: presenza di molti capi che tutti gli anni non partoriscono, o che iniziano la produzione molto tardi. La produzioni per pecora partorita invece si attesta su circa 250 litri. Il progetto “Sementusa” ha come obbiettivo quello di portare una maggiore produttività del gregge attraverso esami ecografici, controllo e diversificazione dell’alimentazione dei capi. Per rendere l’idea delle potenzialità del progetto possiamo prendere come esempio un gregge di 800 capi con una produttività al 70%, solo 560 capi danno alla luce un agnello. Con il monitoraggio e controllo preventivo dei capi improduttivi che rischiano di essere solo un costo per l’allevatore è possibile portare la produttività al 95% e passare da un guadagno di 130 mila euro a 180 mila euro senza ulteriori costi per l’allevatore. Secondo gli operatori del progetto la mission è quella di fornire consulenze professionali e servizi agli operatori di questi settori agli allevatori su aspetti sanitari, genetici, manageriali, ambientali, nutrizionali ed economici; all’industria agro-zootecnica e farmaceutica, dipartimenti di ricerca e sviluppo, per la stesura di piani di sviluppo dal basso, rispondenti alle esigenze dell’allevamento, consulenze alle istituzioni, alle organizzazioni professionali, di categoria e sindacali che operano nella filiera agro-zootecnica. I tecnici promotori del progetto stanno esportando “Sementusa” in tutta Italia ma già con la Sicilia e la Basilicata è nata una stretta relazione per la formazione dei tecnici del settore e per lo sviluppo del progetto. Per salvare i pastori rimangono da risolvere ancora alcune questioni per poter incidere in modo determinante sul futuro dell’allevamento, ad esempio le politiche di sostegno al comparto dovrebbero mirare a legare i contributi pubblici oltre che alle caratteriste aziendali sin’ora prese in considerazione, sia all’ottimizzazione delle risorse aziendali, all’ottenimento di risultati produttivi e riproduttivi, sia a favorire l’ingresso in azienda di figure professionali specializzate.