ardia1L’idea centrale potrebbe essere questa:

 

–     manifestare, attraverso un rito, un progetto cioè una missione
– c’è una discesa (sulla terra o agli inferi)
– c’è un’ascesa  (alla casa del Padre, alla vita, alla salvezza).

 

In prima istanza questa è una ritualizzazione dell’azione di Cristo: l’Incarnazione in funzione di Redenzione. Non una semplice azione individuale, ma un’importante missione sociale: un abbassamento in funzione di un innalzamento etico. Si lotta per una causa, si affrontano difficoltà e sacrifici per un nobile progetto di tipo sociale. Il tutto si realizzerà portando il ‘segno’della CROCE. Con la croce si realizza la discesa e l’ascesa con il gruppo.

 

 

Non voglio toglier niente alla devozione al Santo Imperatore Costantino, però sento che c’è qualcosa di più grande, di più importante. Qualcosa che sovrasta non solo perché è prima ma perché è il principio informatore.

 

Si tratta di vedere se la religiosità dei Sardi ha radici più profonde, se c’è sempre stata ed è stata espressa in riti universali e che i primi evangelizzatori cristiani, ancor prima dei Bizantini, siano riusciti a ri-formarla, a darle una nuova forma, ri-visitando l’esistente e rafforzandone il senso.

 

Si dice: ‘ il capocorsa appare quasi come una reincarnazione del Santo che ha fatto trionfare il Cristianesimo sulle molte insidie del male terreno.In ogni caso rappresenta Costantino e ne re-interpreta il ruolo…’  Forse l’imperatore Costantino è uno che ha ripetuto un’impresa, che, prima di lui, aveva già compiuto qualche Altro: Costantino Imperatore si sovrappone a Cristo risorto e asceso al Cielo che manda lo Spirto per salvare i peccatori.Ipotizziamo dunque una re-interpretazione della ritualizzazione della Pasqua. Gli elementi potrebbero essere i seguenti:
– la vocazione dell’eletto (capocorsa): il sacerdote (non uno qualsiasi, ma il Parroco-Padre) sceglie l’eletto (capocorsa) a ripeter la rappresentazione dell’impresa.

 

 

– L’eletto sceglierà, a sua volta, altri che lo coadiuveranno nel rito o, se si vuole, nella sua missione, nel compito che dovrà portare a termine. Saranno i suoi collaboratori nell’impresa. Trascorrerà un periodo di tempo con loro. Sarà portato a condividere con loro parte della sua vita. E’ un periodo fatto di incontri, di dialoghi, di progetti da realizzare: con preparativi per la festa, con discussioni con gli organizzatori dei diversi ambiti, con contatti con i diversi gruppi, con i responsabili dei vari settori nel microcosmo del paese e/o dei dintorni per le varie manifestazioni: la preparazione di tutto l’occorrente per la realizzazione sia del rituale dell’ardia che di tutto il contorno necessario per la festa. Si dovranno dividere i compiti e dovrà chiedere conto ai vari responsabili di tutto il necessario per la perfetta esecuzione della manifestazione. Si tratta di un gruppo gerarchicamente costituito, che rappresenta una comunità, un popolo (dei sedilesi, dei sardi?). Si tratta di tre persone che avranno un compito ben definito, quello di mantenere l’ordine, di far osservare le regole, di impedire alle forze del caos la non riuscita dell’impresa, del rituale del rappresentante di tutti. Questo periodo è molto simile all’iniziazione dei neofiti.

 

– Tutti i partecipanti, pur consapevoli di realizzare un rito normato-regolato, cercheranno di infrangere le regole.
o Sono tentati, anzi vogliono trasgredire, vogliono andare contro la legalità ma dovranno lottare con i garanti dell’ordine. Sono consapevoli che non riusciranno nell’impresa, però mettono in atto i loro tentativi, la loro azione. Si impegnano in una lotta, che ritengono già persa in partenza. E’ la seduzione del vizio, la scalata al potere con la consapevolezza dell’impossibilità di accedere a livelli superiori. E’ la mancanza di moderazione del desiderio, è l’intemperanza , l’ingannevole modo di vedere e di intendere l’attuale stile di vita. E’ l’inganno del peccato che mette il peccatore contro l’ordine costituito o le norme, quasi voglia darsi delle norme in modo autonomo e personale o realizzare da solo l’impresa di salvarsi; non si vorrebbe lasciare salvare dal capocorsa, dal redentore. E’ l’esperienza del non-senso, che deve essere messa in atto, dev’essere esperita: ‘donzunu coghet in s’ozzu sou’.

 

– Il capocorsa porterà-condurrà al santuario questi ‘trasgressori’, nonostante i loro tentativi resi vani (cioè da loro messi in atto ma regolarmente impediti con forza dai tutori dell’ordine). La Bibbia, in Ef 4,8: ‘ascendendo in cielo, Cristo ha portato con sé i prigionieri’: il capocorsa rappresenterà  la realizzazione della salvezza della comunità, celebrerà il rito della salvezza comunitaria.

 

– Il ‘redentore-vittorioso’ farà partecipare tutti alla sua impresa facendo poi toccare il simbolo di essa (la bandiera) agli astanti

Una storia del genere viene raccontata dalla Scrittura nel momento in cui il Figlio decide di incarnarsi: ‘un corpo mi hai dato… ecco io vengo per fare , o Dio, la tua volontà’. Con la passione e morte, c’è il viaggio verso il calvario e gli inferi per portare con sé i prigionieri al momento della risurrezione.

 

Se questo dell’ardia ri-attualizza la lotta tra la vita e la morte, potremo anche tornare alla tesi della lotta tra il bene ed il male, come è stato poi re-interpretato dai Bizantini per la lotta tra Costantino e Massenzio.
Il discorso fatto finora, però, assume il tutto personificandolo nell’esperienza del Cristo. Non ci sono i due eserciti che rappresentano le opposte fazioni: c’è solo il condottiero scortato che affronta la prova della porta stretta (magari infrangendone i sigilli) per far salire il gruppo verso la salvezza

 

La ritualizzazione-rivisitazione cristiana mette il capocorsa come condottiero di trasgressori-peccatori verso la salvezza finale. Ora, su questa riflessione si potrebbero inserire anche tante altre cose, quali, per esempio:

 

1. LA RITUALITA’, un insieme di segni che vanno prima letti e poi interpretati come ‘INSIEME’ CELEBRATIVO che non si esaurisce in un solo momento ma ne richiama altri con i quali forma un solo, unico rito. Questi segni si realizzeranno durante tutto il corso dell’anno e culmineranno nelle corse del 6-7 luglio.

 

a. L’inserimento del nome nel registro degli aspiranti a diventare capocorsa.(la speranza della redenzione)
b. come insieme di riti durante l’anno: dalla elezione durante la festa di sant’Isidoro, alla scelta delle scorte ed a tutto il rituale del 6-7 luglio.
c. come ripetitività dei medesimi ma con la novità di ogni anno perché ciascuno ne ritrovi il senso. ‘Toccare per credere o toccare con mano’= l’esperienza personale offre ai singoli (sommati diventeranno poi tutti o la maggior parte) l’opportunità di una riscoperta personale del significato della missione o progetto, valore cui aprirsi e per cui spendersi. Si partecipa come trasgressori ma si nutre la speranza di redimersi
d. la scelta del capocorsa da parte del Parroco [vocazione-missione anzi vocazione per missione, per progetto che si sviluppa nell’arco dell’anno e si ripete con l’originalità del ‘chiamato’]

 

 

• domanda: ti scelgo per mandarti  a fare un cosa, per realizzare un’impresa, per portare a salvezza i tuoi fratelli
• risposta: ‘… ecco io vengo per fare , o Dio, la tua volontà’, per realizzare un progetto. E’ chiamato nella piena libertà e disponibilità. Consapevole che la sua maturità lo porta al pieno utilizzo della sua energia al momento stabilito, che deve solo attendere senza dettare o stabilire in anticipo né modalità né condizioni. Egli sarà come il frutto portato a maturazione.

 

e. La scelta delle scorte, (come di neofiti per l’iniziazione), con una precisa missione (la difesa o il mantenimento dell’ordine). Essi sono i fedelissimi, concordi sulla finalità del progetto, sulla riuscita dell’impresa.

 

f. Il momento cruciale dei giorni 6 e 7 Luglio per ‘ricordare’ (anamnesi) facendo (mimesi), come gesto quindi che invera la parola.
• Fonte da cui attingere un’identità, sorgente da cui far sgorgare questa identità. Il ‘fatto’ (avvenimento fondante) si è realizzato nel passato ma nell’oggi si ha la possibilità di ricordarlo ri-attualizzandolo.
• Culmine in quanto offre una sintesi alle esperienze frammentate della vita. Tutti i segni che vengono mimati non sono una pura spettacolarizzazione di un avvenimento recente, ma sono la realizzazione attuale di un avvenimento che ha le sue radici nella esperienza storica di qualcuno che l’ha realizzata una sola volta, anzi una volta per tutte.. Questa prima esperienza serve da paradigma per quanto si sta realizzando nell’oggi. Tutti i partecipanti hanno la consapevolezza di realizzare un rito e non di fare spettacolo per i turisti o di dare spettacolo a chicchessia.

 

g. Il rito è sim-bolico, in quanto fa convergere in uno ed in esso vengono sintetizzati tutti i significati e i gesti di ogni giorno per aprirli alle novità della vita.

 

2. Il momento della PARTENZA da ‘su frontigheddu’: emozionante, improvviso, carico di tensione. Spasmodica attesa ed improvvisa realizzazione: decisione unilaterale e non concordata del capocorsa. L’iniziativa è la sua, indiscutibile. E’ il momento dell’immersione nel caos, nella polvere avvolgente, nel viaggio verso la morte per poter raggiungere il santuario e quindi essere ricreati alla vita nuova . Alcuni fedeli, al momento della partenza dell’ardia, si fanno il segno della croce : il segno garantisce la vittoria (‘in hoc signo vinces’), è una partecipazione corale all’azione del gruppo degli attori.

 

 

3. Il passaggio attraverso l’Arco, cioè l’ingresso attraverso la PORTA STRETTA nel recinto/santuario. Se nel recinto si vive in un altro mondo, è un mondo a parte, si respira altra aria e allora è necessario potervi entrare ‘attraverso un porta stretta’. Ciò significa che l’apertura permette  il passaggio da un modo di essere ad un altro, da una situazione esistenziale ad un’altra.  Questo tipo di passaggio esprime una specifica concezione dell’esistenza umana: l’uomo deve nascere una seconda volta, spiritualmente.

 

 

Per divenire completo deve passare (attraverso la porta stretta) allo stato perfetto. La direzione di ascesa verso la parte superiore è desiderio del Cielo cioè della trascendenza. Potrebbe configurarsi un ‘rito della soglia’ per entrare dentro il recinto (violare l’entrata o forzare la porta) dove si trova il santuario, (città santa, monte del Signore, centro del mondo), si trova il giardino, l’albero, la casa del Signore. La soglia delimita concretamente sia il ‘di dentro’ che il ‘di fuori’, sia la possibilità di passare da una zona all’altra (dal profano al sacro). La porta stretta allora suggerisce l’idea del passio pericoloso.

 

 

Il pericolo consiste nel passaggio da un modo di essere ad un altro, nella realizzazione di un vero e proprio mutamento ontologico. Si distrugge la porta della potenza delle tenebre per poter entrare a sconfiggere Colui che della morte detiene il potere. IN quel momento si apre la porta per uccidere il guardiano e conquistare il castello o la fortezza.La città santa può anche essere la sposa che scende dal cielo. (qui c’è tutta la dimensione sponsale della vita umana, perché in questo modo il capocorsa si assume la sua responsabilità nel manifestare la sua passione d’amore per andare  incontro alla sposa e conquistarla).

a. ENTRARE nel recinto (infrangendo la barriera)  attraverso la porta stretta e USCIRE dal recinto per un’altra porta.

 

4. L’arrivo al Santuario come CONQUISTA DEL RECINTO, come ESODO, come conquista della terra promessa, (portare gli schiavi alla libertà, far raggiungere la vita ai morti, dare la salvezza ai peccatori).

 

a. la partecipazione dei fedeli nel TOCCARE LA BANDIERA del capocorsa: l’eroe fa partecipi gli altri della sua vittoria, oppure semplice gesto scaramantico del povero che si identifica nel campione.

 

 

5. Il DIAGRAMMA DEI GIRI (‘circumambulazione ’) come labirinto, come spirale  come danza circolare  , come eterna dialettica tra il bene ed il male ( i giri in senso orario ed i giri in senso antiorario nel secondo momento – oppure l’ardia fatta alla sera[verso occidente] e ripetuta al mattino[verso oriente] ).

 

a. Si potrebbe fare anche il DIAGRAMMA sia della corsa che dei giri per notare come abbiano dei riscontri in alcuni màndala ed in alcune  decorazioni di stele funerarie micenee .

 

• Il primo diagramma di tutta LA CORSA fa venire in mente il percorso dell’Esodo: uscita dall’Egitto-cammino nel deserto-ingresso nella terra promessa.

 

• Al momento della presa di Gerico si compie la circumambulazione attorno alla città nemica prima di  conquistarla.
b. La circumambulazione attorno al santuario  potrebbe anche essere interpretata come un rito di ascensione verso la sommità del santuario o la vetta della montagna.

 

• Se nel considerare la spirale si parte dall’esterno, il cammino diventa ascensionale verso la sommità e quindi il santuario potrebbe essere assimilato alla montagna cosmica con i suoi sette piani da risalire , simili ai sette cieli planetari, punti di congiungimento tra la terra ED il cielo.
• Se invece si dovesse partire dal centro della spirale, ci potrebbe essere un uscire dal buio per arrivare alla luce: una specie di risurrezione. (cf.
c. la DUALITÀ dei giri che si compiono attorno a ‘sa muredda’ si manifestano come possibilità di confronto tra due opposte realtà.
• Attorno a ‘sa mureddda’ si scende dal monte sacro per immergersi nella pianura della quotidianità, dove si realizza l’eterno scontro tra il bene-male e vita-morte, ma avendo sempre la possibilità di ri-salire sul monte-santuario.

 

I peccatori non vengono lasciati soli: il capocorsa li conduce, li guida sia nelle evoluzioni in senso orario che in quelle in seno antiorario. Se questa è la situazione della ‘valle’, della ‘pianura’ (dove si svolge la lotta quotidiana) egli è ancora con loro, uno di loro che li porta a salvezza , che li aiuta nella complessità delle realtà quotidiane per condurli nuovamente alla vetta. Ci troviamo di fronte ad un progetto: l’incarnazione per la redenzione.

 

6. Si rimane nel santuario per la celebrazione religiosa

 

7. Alla fine si esce da un’altra porta

 

8. La ripetizione dell’ardia sia al pomeriggio (verso il sole che tramonta) sia al mattino (verso il sole che cresce compiendo la sua corsa) apre i cuori alla speranza nella vita, nella vittoria del bene.

 

9. la funzione di RAPPRESENTANZA del capocorsa: questa è una funzione annuale (anticamente anche per due anni) che può svolgere chiunque partecipi all’Ardia: i peccatori dunque ottengono salvezza, gli schiavi libertà. Il rito dell’ardia è un rito che porta alla redenzione, non si rimane sempre schiavi. Tutti i partecipanti nutrono la segreta speranza che, prima o poi, diventeranno anch’essi i protagonisti principali o per la bandiera o per le scorte: non si è condannati in eterno.

 

10. il RISCATTO del peccatore avverrà ‘a tempo debito’, quando lo vorrà il Parroco, quando sarà il tempo, quando sarà giunto il momento giusto…

 

11. il RAPPORTO UOMO-CAVALLO (BALENTIA significa senz’altro abilità… sfida contro se stessi… forza di mantenersi stabili.. coraggio di migliorarsi accettando una sfida…fermezza nel sostenere le proprie idee…lealtà e correttezza nei rapporti con gli altri…coraggio di accettare le sconfitte e andare avanti, comunque, resistendo anche ai colpi più duri. Nelle emozionanti imprese in sella a un destriero come nella vita  ) come simbolo dell’uomo realizzato all‘interno di se stesso e con l’animale, ‘essere in sintonia con il cavallo’  ‘cun s’animale’ che c’è dentro di lui (l’uomo salvato, convertito magari come San Costantino!), sapendo saggiamente dominare le forze animalesche interiori e, forse, esteriori. Uomo audace che osa, che sfrutta l’energia prorompente pulsionale dei suoi ‘bisogni ‘(s’animale) facendo convergere i suoi atteggiamenti verso i valori , cioè armonizzando progressivamente  le sue forze psicodinamiche.

 

 

12. C’è fusione tra FUCILI caricati a salve e suono della CAMPANA: lo sparo con il fuoco  e la melodia del suono (purtroppo c’è una sola campanella e non il concerto de ‘su repiccu’ di tante altre campane nostrane). Senza pensare all’allontanamento degli spiriti si potrebbe seguire la traccia di un’esplosione dello Spirito.

 

 

13. LE CANDELE: si entra nella spirale per uscire con la candela accesa, che illumina le tenebre della vita, per infondere coraggio al popolo in cammino?

 

 

14. LA CONSAPEVOLEZZA o partecipazione consapevole non è sempre evidente; potrebbe anche essere indotta. Gli attori del rito sono motivati alla partecipazione da diverse spinte interiori, ma l’osservatore partecipante potrebbe ricavare queste sensazioni dall’insieme dei riti. Oggi il rito è quello che è, ma prima… forse…

 

 

15. IL RINGRAZIAMENTO non solo al Santo Imperatore Costantino, ma il ‘rendimento di grazie’ perché nel fare memoria – si offre (memores … offerimus) l’impresa dell’Ardia con tutti i riti ed i simboli annessi.

 

 

Vorrei presentare anche il grafico di questa visione.

Si parte da ‘su frontigheddu’ per iniziare la missione della discesa agli inferi e la risalita verso la redenzione (chiesa). Ma non si può rimanere sempre in alto: occorre ritornare alla contraddizione del reale (sa muredda) per comprendere la necessità della redenzione (conclusione in chiesa).
Per quanto riguarda il labirinto ricavato dalla croce gemmata, ho trovato la figura in un libro  che tratta di labirinti: mi sono chiesto se anche questo modo di pensare non sia legittimato dalla riflessione fatta.
Non vorrei concludere ma iniziare la discussione. Grazie!