“Il suo bel viso, la fierezza e insieme la grazia del suo portamento, più che un simbolo, sono una personificazione di quella Sardegna intangibile e indomita che ho sempre amato. Quando la sua voce calda e potente si alza e riempie lo spazi, si aprono infiniti orizzonti che scendono nella storia. Dopo aver conosciuto Maria Carta, ancora una volta affermo che i soli grandi uomini della Sardegna sono state le nostre donne”. Forse basterebbe questo stupendo ritratto scritto da Giuseppe Dessì, nella presentazione dell’album Delirio (1974), per descrivere compiutamente la forza espressiva, il carismatico profilo di Maria Carta. Quella sua voce sarda sbocciata tra le misteriose ombre dei viottoli di Siligo,  quasi fosse un alito di vento porta con sé arcaiche immagini di una terra antica, ne dipinge luoghi, personaggi e come un film in bianco e nero, le proietta nella nostra mente come un palpito naturale.  

 

 

QUELLA VOCE CARICA DI MAGIA

 

Maria Carta è l’immagine della grande madre dalla bellezza mediterranea che sapeva catturare emozioni: e le liberava, in un caldo abbraccio, nei suoi canti che hanno ricamato di sardità i teatri e le Università di Roma, Siena, Bologna, Milano. E che hanno evocato sensazioni cariche di magìa nella cattedrale di Saint Patrick e sulla quinta Avenue di New York,  a San Francisco, Philadelphia e Boston, al teatro de la  Ville  e all’Olympia di Parigi, al festival di Avignone, al Bolscjoi  di Mosca  e ancora in India, Grecia, Germania, Svizzera, Spagna, Belgio. E naturalmente nella terra di  Sardegna. Sin da bambina, quando nella sua Siligo cantava le canzoni ascoltate dalla nonna  o gli struggenti atitos in occasione dei funerali, o ancora nelle processioni della settimana santa, dove la sua voce si innalzava suadente e carica di remote vibrazioni. Trasferitasi a Roma nel 1958 Maria non perde i contatti con la sua terra e inizia un minuzioso lavoro di ricerca sul canto tradizionale sardo, arrivando ad incidere il suo primo doppio LP nel 1971, Paradiso in Re con Aldo Cabizza alla chitarra e  Peppino Pipia alla fisarmonica. Ennio Morricone, nella presentazione dell’album, scrive che Maria Carta, eseguendo i canti della sua terra, ce li rende così come sono, i piu belli, drammatici e magici del nostro patrimonio popolare. Il suo percorso musicale è tracciato e Maria incide album stupendi come  Delirio (1974), e Dies Irae (1975), sette brani in sardo e latino  di soli canti gregoriani da molti considerato il suo capolavoro. Sono gli anni dell’impegno politico (nel 1976 viene eletta nel consiglio comunale di Roma come indipendente nelle file del Pci) e un  anno dopo incide il suo primo disco in italiano (Vi canto una storia assai vera), un album di canti di protesta, tra i quali svettano Hasta siempre (da tutti conosciuta come la canzone del Che Guevara) e Fischia il vento.  Ma il cuore di Maria batte forte per l’isola madre di Sardegna e nel 1978 incide  Umbras (disco ristampato pochi mesi fa), per poi accarezzare una prima forma di commistione tra folk e rock con   Haidiridiridiridiridinni (1980).

 

Nel 1985 arriva un importante riconoscimento, l’assegnazione della targa Tenco per il brano A David anninnìa, ma la sua carriera subirà una dolorosa delusione nel 1993, quando la commissione esaminatrice cancella il suo sogno di cantare a Sanremo la bella, struggente Memorie della musica, che voleva forse essere il suo testamento vocale. Ma se la città dei fiori gli regala amarezza, la sua Sardegna gli spalanca le porte di un amore fecondo e vero: il 19 Giugno del 1993 partecipa alla kermesse musicale di Ichnos a Sedilo , commossa dal caldo abbraccio della folla  e ad Agosto, grazie anche al suo amico Red Ronnie, vive due giornate memorabili prima a Capo Coda Cavallo, poi alla fiera di Cagliari nel “concerto per Maria”, che, purtroppo sarà l’ultimo nella sua Sardegna. Nel 2005 il figlio David cura personalmente la scelta dei brani da includere nel  doppio Cd Nottes de Incantu che raccoglie alcune tra le piu toccanti interpretazioni dal vivo di Maria Carta dal 1974 al 1992.

 

 

IL CINEMA, LA POESIA E IL TEATRO

 

Maria Carta è stata un’artista poliedrica, che ha saputo  esprimere la sua energia e carica emotiva non soltanto nel canto ma anche nel cinema, nel teatro e nella poesia. Sul  grande schermo ha recitato in diverse produzioni nazionali e internazionali sotto la direzione di indiscussi maestri quali Francis Ford Coppola (Il Padrino parte II, nel quale ricopre il ruolo della madre di don Vito Corleone), Franco Zeffirelli (Gesù di Nazareth, dove interpreta Marta, sorella di Lazzaro), Francesco Rosi (Cadaveri eccellenti), Giuseppe  Tornatore (Il camorrista).

 

Ma l’espressività di quel viso dai lineamenti mediterranei ne fanno  una stupenda madre sarda nel film Disamistade di Gianfranco Cabiddu e Marianna Sirca nello sceneggiato Rai L’isola di Grazia Deledda. Un altro aspetto della multiforme attività di Maria Carta è legato al mondo della poesia. Nel 1975 viene pubblicata dalla casa editrice Coines di Roma una raccolta in versi dal titolo Canto rituale: è la storia di un mondo povero e dell’umanità che abita una terra sulla quale si consuma giorno dopo giorno un’esistenza che lascia poco spazio alla speranza. A teatro Maria Carta esordisce nei primi anni Settanta recitando nella Medea al fianco di Valeria Moriconi. L’esperienza teatrale viene ripetuta molti anni dopo con Le Memorie di Adriano, opera tratta dal libro della Yourcenar, con Giorgio Albertazzi per la regia di Maurizio Scaparro.  Il suo ultimo lavoro è del 1992 dove interpreta il ruolo di santa Teresa d’Avila nel musical A piedi nudi verso Dio.

 

 

IL PREMIO MARIA CARTA

 

Sa lughe chi has dadu  has a sighire a dare, in su tempus, como chi-propiamente in bidda tua-b’est finas una Fundascione cun su numene tou.  Chies fus comente artista est una lugura chi non si nd’istudat, ma sa fama tua de cantadora de sa terra nostra, pro chi manna e de dura siat, tenet s’ispiju sou pius in su valore tou comente persona. Pro chie hat tentu sa bona sorte de t’haer connotu, pro chie t’at istimadu non ca fus Maria Carta sa famada, ma ca fus Tue. Bella, sìnchera, giusta, prima bandela de identidade.

 

In questo estratto da un ricordo di Maria Carta scritto da Paolo Pillonca, (premiato a Siligo per il suo infaticabile lavoro di ricerca e promozione della cultura sarda) c’è forse uno dei tanti semi che hanno fatto germogliare il premio a lei intitolato, voluto con forza dalla Fondazione dedicata alla grande artista. E per la sesta edizione, nella notte stellata di una Siligo vestita a festa, tra le viuzze incantevoli  di questo paese del Mejlogu, sembrava scorrere l’immagine nitida di Maria. Come un regalo del tempo fermatosi per magìa. Lei bambina con la cesta dei panni in testa, che cantava per scacciare le ombre, lei commossa per le lacrime di Zio Gellon, un anziano di Siligo che ne aveva “promosso” la straordinaria sua prima esibizione de sa disisperada.  Lei che sembra accoglierti con un timido sorriso nello splendido murale realizzato da Pina Monne, in quella che l’amministrazione comunale di Siligo ha ribattezzato come Piazza Maria Carta. Una piazza stracolma di folla che ha provato un intenso brivido di commozione quando è salita sul palco per ritirare il premio Maria del Mar Bonet, forse la più importante voce della tradizione catalana: “Io avverto la presenza di Maria qui con noi.. e sento quella sua voce carica di forza e tenerezza: una voce che è stata una finestra aperta sul mondo intero. Questo è il premio piu importante della mia carriera perché è dedicata alla mia amica Maria”. Un altro momento di alta intensità emotiva si è vissuto quando, in un filmato girato al Roxi Bar di Red Ronnie, è comparso il volto di un’altra figlia di Sardegna che ci ha lasciato troppo presto, Marisa Sannìa, morta lo scorso  Aprile: “È uno dei momenti piu difficili della serata e per la prima volta nella storia del premio assegniamo un riconoscimento postumo”, ha commentato il giornalista e presidente del comitato scientifico della fondazione  Giacomo Serreli. “Marisa era da tempo sotto osservazione della fondazione per la raffinatezza ed espressività che ne hanno contrassegnato il suo percorso artistico, ma l’improvvisa malattia e prematura morte dell’artista non ci hanno consentito di poterla festeggiare come si sarebbe voluto sul palco di Siligo”. A ritirare la targa è stato il marito di Marisa, Mario di Martino con la figlia Eleonora.

 

Il terzo momento, quello più divertente della serata, lo ha regalato il vulcanico cantautore Vinicio Capossela, legatissimo alla Sardegna. Si presenta sul palco con l’immancabile chitarra e un campanaccio (“me lo hanno regalato a Tonara”, confessa soddisfatto), chiama accanto a sé i tumultuosi Tumbarinos di Gavoi e l’estroso sassofonista nuorese Gavino Murgia (anch’essi premiati) e scatena un  diluvio musicale di grande effetto, con la splendida Brucia Troia. E regala al pubblico di Siligo una primizia, il brano Su Componidori dedicato alla Sartiglia di Oristano che andrà a far parte del suo prossimo lavoro discografico. Nella sesta edizione del premio la targa realizzata dall’orafo algherese Pasquale Ferraro è inoltre  andata alla band etno-pop dei Bertas (il più longevo gruppo della scena musicale sarda), al circolo degli emigrati Quattro Mori di Charleroi, al giovane bergamasco, Enea Cabra,  cieco dalla nascita, ma con una grande passione nel cuore: la Sardegna. Al punto che parla il sardo, conosce la letteratura e la poesia sarda, canta canzoni in sardo, si cimenta anche con l’organetto.

 

 

IL MUSEO DELLA FONDAZIONE

 

Il museo dedicato a Maria Carta nasce  nel settembre 2004 per iniziativa della Fondazione. Si estende su due livelli ed è organizzato per sezioni tematiche ciascuna delle quali raccoglie, grazie anche all’ausilio di supporti multimediali, le testimonianze della molteplice attività di Maria Carta.

 

Si passa dalla sezione delle vicende biografiche a quella dedicata alla musica dove sono esposti, tra l’altro, abiti di scena indossati nel corso di importanti concerti; la sezione riservata alla poesia raccoglie manoscritti inediti mentre in quella riservata al teatro, cinema e televisione è possibile ammirare foto e filmati tratti da importanti produzioni alle quali Maria Carta ebbe modo di partecipare. Per chiudere, è stata previsto uno specifico spazio che documenta l’attività politico-amministrativa svolta tra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta presso il Comune di Roma in qualità di consigliere.