a79357952CS040 BARACK OBAMAUn famoso aneddoto narra che Alcibiade, possedendo un cane bellissimo, dotato di altrettanto bella coda, facesse tagliare, appunto, detta coda e cominciasse ad andarsene  in giro, per la città di Atene,  col cane mutilato. Avendo uno dei ministri domandato al suo signore come mai facesse una cosa così stravagante, pare che  Alcibiade rispondesse: “La coda del mio cane distrarrà gli ateniesi dall’occuparsi di cose più serie, riguardo al mio comportamento.”

 

Fra le ‘luminose’ e ‘allucinanti’ riflessioni svolte sulla cosiddetta gaffe di Berlusconi riguardo al Presidente Obama, non figura alcun riferimento al cane di Alcibiade. Però di fatto, il contenuto dell’aneddoto è stato realizzato in pieno, nel senso che per una settimana buona non si è parlato d’altro che del “bello, giovane e abbronzato” come se tutti gli altri problemi del governo e della politica in generale, che l’on. Berlusconi sta attuando nel nostro paese, fossero di colpo scomparsi. Anche la stampa più seria, quella più impegnata politicamente e più interessata  ai disastri dell’economia e della scuola, ai temi del ruolo dei politici, della democrazia parlamentare e delle immunità inossidabili che si stanno istituendo, si è accanita eroicamente sulla frase del governatore senza pensare ad altro.

 

Su questa frase ogni talento ha riversato la propria perspicacia: è stato cronometrato il tempo e soppesato il modo. È stato ricercato ogni movente possibile, il fine e il risultato ipotetico. Si è cercato persino di indovinare come potrebbe reagire il presidente Obama. A nessuno è passato in mente di riderci un po’ su. Non solo, si è parlato di scuse e dell’esigenza di dissociarsi, come italiani, da quello che è stato definito insulto cattivo e crudele. E poco c’è mancato che non si sia organizzata una delegazione di pallidi messaggeri, col capo cosparso di cenere, a chiedere perdono.

 

Ora, siccome al livello in cui è giunto Barack Obama, anche quando si viaggia in groppa alla fortuna più vigorosa, si arriva con una discreta, se non elevata, dose di intelligenza, è legittimo ritenere che il giovane presidente americano possa dolersi della patetica e non richiesta difesa che improvvisati guardiani del bon ton gli hanno elargito, piuttosto, ahimè! che della battuta dell’on. Berlusconi. Certo! Egli sa benissimo di essere ‘abbronzato’ e non lo vuole davvero dimenticare, né vuole che gli altri lo dimentichino, perché nell’essere un americano di origine africana risiede una delle maggiori, se non la maggiore, qualità del suo mandato.

 

Obama è orgoglioso di essere quello che si dice un uomo di colore ed è orgoglioso, soprattutto, di avere istantaneamente contribuito a sollevare  l’orgoglio di tutti i suoi simili esistenti sulla terra, i quali, per la verità, a dispetto  di torti e violenze subite, hanno sempre mantenuta una visibile fierezza. D’altro canto i meriti, in America e nel mondo intero, degli uomini di origine africana sono tanti e universalmente distribuiti che ci si dovrebbe meravigliare del fatto che solo oggi si arrivi alla risoluzione di un rappresentante così visibile.

 

Certo, il rischio che la battuta dell’on. Berlusconi rappresenti un’offesa “italiana” al primo presidente di origine africana degli Stati Uniti può ingenerare preoccupazione e indurre atteggiamenti di disapprovazione e di meraviglia Ma è molto più grave che questo rischio catturi l’attenzione delle forze politiche in una situazione in cui si dovrebbe badare a ben altre cose. Silvio Berlusconi, oltre ad essere un uomo di ingenti ricchezze e di grandissimo potere, è diventato tale. Ciò significa che sono compiute in lui abilità ed attitudini che lo rendono temibilmente capace, per il ruolo che svolge. Le sue gaffe (segni palesi di strapotere) non sono altro che la miccia che egli innesca per aprire un confronto e confronti a lui favorevoli. L’esperienza gli ha insegnato che una volta gettato il sasso nello stagno egli può trovare il modo di rendere il movimento delle agitate acque favorevole ai suoi interessi.

 

Egli rappresenta (e non lo nasconde mai) il modello emblematico di una educazione realizzata secondo le intenzioni di un padre ideale che progetta il figliolo con limpido egoismo. Quale padre, infatti, non sarebbe appagato di un figlio che raggiunge sempre gli obiettivi che si prefigge,  vince le battaglie, e riesce sempre a  svincolarsi, a scongiurare i pericoli più incombenti? Si è costretti ad ammirarlo, per ragioni pedagogiche e si è costretti ad ammettere che è incomprensibile l’elettorato che lo sostiene. Chi infatti potrebbe volere a capo del governo una persona così potente e prepotente, così capace di realizzare i propri interessi?

 

Forse il centrosinistra, che mai come in questo momento ha avuto delle ragioni per opporsi al governo di Berlusconi, deve trovare altri modi per contrastarlo e, impipandosene  delle gaffe e della crusca quotidiana, scoprire quali siano le logiche di un potere così inarrestabile e combatterlo senza cadere nella logica grottesca di un conflitto svolto a colpi di battute e di spiritosaggini. Terreno nel quale, lo si ricordi, egli è maestro: cominciò da studente, guarda caso, guadagnando soldi col teatrino delle marionette.