Teulada le dune di Is Arenas Biancas 1“È il paradiso terrestre, sembriamo ai tempi di Adamo ed Eva”, grida estasiata, di fronte allo spettacolo delle dune di sabbia, una turista lombarda. E aggiunge: “Ho girato tutto il mondo ma non ho mai visto un posto simile. Da qui Eva non si sarebbe mai fatta cacciare”. L’entusiasmo della prima persona che lo scorso agosto ha raggiunto Is Arenas Biancas, attraverso la strada aperta in pieno poligono militare, aiuta solo in parte a capire il significato di una piccola ma importante conquista.

 

Nel filo spinato, che per cinquant’anni ha impedito l’accesso ad una delle aree costiere più belle del mondo, s’è aperto un varco. Grazie ad un protocollo d’intesa, sottoscritto fra l’amministrazione comunale di Teulada ed il comandante del Primo Reggimento Corazzato, per tutta la stagione estiva turisti e residenti hanno potuto raggiungere questa oasi ricca di attrattive naturali ed ambientali, ma anche di ricordi. Una spiaggia infinita, lambita dal mare dai mille colori; poi colline di sabbia bianchissima, modellate dal vento, che si ammantano col verde dei ginepri ed estese macchie di erbe profumate. Poi i giunchi che spuntano qua e là a ciuffi, ora folti ora più radi.

 

Così si presenta questo lembo di Sardegna, ultima propaggine del Continente europeo. Poi è mare ed è Africa. A protezione di questa sorta di paradiso ci sono delle quinte naturali, costituite da centinaia di alberi di pino, quello d’Aleppo, una specie quasi scomparsa ma che qui si riproduce grazie al clima favorevole. È una barriera che divide l’Eden da un entroterra ormai brullo. Ettari di pianura violati dai cingoli dei carri armati e dalle mille guerre simulate che da cinquant’anni vi si svolgono senza soluzione di continuità. Qui c’è il regno di Marte, il dio della guerra, il cui brontolio cupo squarcia i giorni e le notti degli abitanti dei paesi vicini.

 

Negli stessi luoghi, un tempo, altri suoni: il tintinnio dei campanacci di mille greggi ed armenti; il rincorrersi, trasportate dal vento, delle voci di uomini e donne che da quella terra strappavano tutto il necessario per un’esistenza dura ma serena; le inconfondibili “voci” degli animali selvatici. Poi il dramma. La decisione dello Stato Italiano di trasformare campi arati e fertili pascoli in piste per carri armati. Gli abitanti deportati. Uomini donne e bambini, strappati dalle loro case, insieme alle povere suppellettili,  e caricati, a forza, sui camion militari. I più fortunati trovarono rifugio presso amici o parenti. Per gli altri iniziò la via crucis della ricerca di un’altra casa, di un lavoro diverso. Quasi sempre quella dell’emigrazione.  

 

Lì, nella pianura, imprigionata dal filo spinato, restarono lugubri fantasmi di vecchie case. I ricordi: oggi brandelli di muro. Macerie, anche nel cuore e nella mente di vecchi pastori e contadini. Lunghi anni difficili. Prima le barriere di filo spinato; poi un muro, a dividere i giochi di guerra dalla vita, mai più normale, di piccoli nuclei abitati, sorti a poche decine di metri dalle terre “off limits”. Non che fosse impossibile entrare nel paradiso proibito.

 

I blitz di pastori, anche col bestiame, dei cercatori di funghi e persino dei cacciatori, mai tollerati dalle autorità militari, per decenni hanno rappresentato una sorta di sfida. Difficile rinunciare a su connotu, a tutto ciò che nonostante le ordinanze ed i divieti è sempre stato patrimonio ideale della comunità locale. I pastori, qualche anno fa, sono riusciti a istituzionalizzare queste incursioni. Un disciplinare d’uso consente di accedere con le greggi durante la notte ma di abbandonare poi quei pascoli, alle prime luci dell’alba. Un “privilegio” per una ventina di pastori di Teulada e di S. Arresi, ma dietro pagamento di un pesante canone annuo. Terre rimaste straniere, dove le Forze Armate di tutte le nazioni si esercitano a fare la guerra.

 

“S’espropriu”, lo definiscono gli ex abitanti di Foxi. Ma si può espropriare una casa, un pezzo di terra , non le coscienze. Sembra un film, ma non c’è finzione scenica. L’accesso, questa volta consentito, a Is Arenas Biancas, ha permesso di riavvolgere la pellicola dei ricordi e di far partire lentamente le immagini. Dapprima quelle in bianco e nero poi, finalmente, quelle ricche dei colori dell’estate, del mare e della gioia di vivere. Cos’è in fondo una strada? È un battito di ciglia; una pista polverosa; cinquemilaottocento passi per raggiungere il paradiso.

 

Sono stati più di 18 mila, fra turisti e residenti, coloro che da agosto a settembre hanno percorso la pista in terra battuta che dalla statale 195 arriva a poche centinaia di metri dalle dune di sabbia. Quindi il percorso a piedi, con lo spirito degli esploratori, addentrandosi in sentieri sabbiosi, in mezzo a pini e ginepri; costeggiando un’ampia laguna, ricca di specie ittiche pregiate e regno del fenicottero rosa. All’improvviso il mare: mai così azzurro.

 

 La spiaggia, le colline di sabbia. I messaggi, ora romantici ora più arditi, scritti con i ciottoli. “Ho scritto t’amo sulla sabbia”. Ogni sguardo, ogni passo, ogni pensiero è un rito: quello della riconquista; del riappropriarsi, anche per poche ore, di su connotu. Non è la solita estate. C’è una specie di sortilegio, un’atmosfera strana che tutto avvolge. Si va a Is Arenas Biancas, poi si torna il giorno dopo e l’altro ancora. Un richiamo misterioso, una sorta di sindrome. Ma chi l’ha detto che quella di Stendhal colpisce solo attraverso la bellezza delle opere d’arte? Da agosto a settembre. Quest’anno si potrà percorrere “la strada con le stellette” sin dal mese di giugno.

 

 Dal giorno 20, ma a metà settembre il cancello si richiuderà. Il paradiso è raggiungibile solo per tre mesi all’anno. Ci sono anche altre vie. Sarebbe sufficiente arrivare nel vicino comune di S.Arresi, attraversare la spiaggia di Porto Pino ed addentrarsi nell’area delle dune. Ma avrebbe un altro significato. Quella strada al centro della piana di Foxi  è un simbolo. È l’antico tratturo di contadini e pastori. È la terra della civiltà più antica. È Teulada. Forse la longa manus del Ministero della Difesa terrà avvinta per sempre quell’area. Le ragioni, cosiddette prevalenti, della difesa nazionale potrebbero avere la meglio su quelle di turisti e residenti. Ragioni di sicurezza, dicono. Tecnicamente: Is Arenas Biancas sono all’interno della campana di tiro delle esercitazioni.

 

Tradotto in termini più comprensibili significherebbe che un ritorno dell’area ad usi civili è improponibile. Tutto intorno si spara per nove mesi all’anno. Ma l’ipotesi di una dismissione, almeno parziale, di quei7.200 ettari di territorio, compresi nel demanio militare, potrebbe diventare realtà. È un obiettivo che bisognerebbe perseguire sino in fondo. Sono poche centinaia di ettari e sarebbero più utili per gli usi civili.  

Qualcuno ha scritto che i sogni finiscono all’alba. Forse è vero. Ma in fin dei conti, tutti i sogni, piccoli o grandi che siano, non costano niente. Forse ciò che più conta, tuttavia, è il poterli cullare dolcemente e, perché no? trasformarli, prima o poi, in realtà. Un poeta ha scritto: “Non è lontana, da qui, Teulada. Te la senti incombere, luminosa e silente. In un silenzio stranito fatto quasi irreale che, a tratti, pare farsi divino… non diresti mai che sia un paese come altri… la realtà dissolve in una nuvola di sogno.

 

Tu non sapresti più dire, qui, in questi luoghi, dove la realtà finisca e dove cominci il mito”. Un sognatore d’altri tempi. Tanti hanno costruito in questo paese la loro realtà sognata o il loro sogno vissuto, ammantati di un lieve, ineffabile, tocco di magia. La realtà è diversa. Su tutto incombe una situazione di mistero e di profonda inquietudine. Un turbamento, un trasalimento, riportano alla triste realtà del mondo. Is Arenas Biancas, Is Cherras, Foxi, Sa Portedda… Quanti anni lontani !

 

Sono i luoghi del ricordo… oggi di nuovo vicini. Subito vorresti abbracciarli, come si abbraccia l’amore, la donna più desiderata. Bisogna però aspettare, come in un infinito cammino. Miraggio, ombra evanescente, nuvola di sogno. Il paradiso ti farà attendere. Ma, a Teulada, è consentito sognare che un giorno a Is Arenas Biancas  torneranno i suoni e le voci del passato?