Io Jerzu ph by f. DessìMettersi alla prova, sfidando con coraggio i propri limiti. Fidarsi di se stessi, delle proprie energie, concentrati al massimo per raggiungere la meta. Per qualcuno sarà una roba da matti, ma per chi pratica l’arrampicata sportiva, salire a mani nude sugli strapiombi di roccia come farebbe l’uomo ragno è il massimo della soddisfazione. Con l’adrenalina a mille, totalmente immersi nella natura. Matteo Calledda, 31 anni, lavora in un studio legale a Cagliari e pratica questa disciplina dall’età di 23 anni. Fino ad allora era un fanatico del surf da onda – l’altra sua grande passione – che però ha dovuto trascurare per poter finire gli studi in giurisprudenza. Insieme ad altri amici gestisce il sito www.shardrock.net, punto di incontro in rete di tanti amanti, sardi ma non solo, del rock climbing nell’Isola. L’abbiamo intervistato per scoprire i segreti di uno sport affascinante e spettacolare. A dirla tutta: da brivido.

 

Cos’è l’arrampicata sportiva?

 

Questo sport nasce – negli anni 60 – dall’alpinismo, quando ci si pone il problema di arrivare in vetta senza l’ausilio di strumenti durante la progressione, se non la corda di sicurezza, sulla quale però non ci si può issare. L’arrampicata è definita sportiva perché è praticabile anche su piccole pareti o addirittura su massi. L’aspetto predominate è la prestazione: completare il percorso solo con la forza e la tecnica.
 

 

Da noi dove si pratica?

 

La Sardegna è uno dei luoghi più famosi e frequentati del Mediterraneo, le zone più conosciute sono Isili e Cala Gonone, anche se, di recente, la zona di Domusnovas – grazie anche alla visita del ceco Adam Ondra, l’arrampicatore più forte del mondo -sta avendo il riconoscimento che merita.

 

Ci sono stranieri che vengono qui a fare arrampicata?

 

In Sardegna capita sempre di vedere qualche straniero. Complici i voli low-cost, accanto ai soliti tedeschi si incontrano spesso turisti dell’Europa dell’Est, soprattutto Repubblica Ceca e Polonia. La cosa che li attira è l’ambiente naturale delle più importanti falesie sarde. Da noi – nel Supramonte ma anche a Domusnovas – si scala in un ambiente unico, difficile da trovare in altre località, specialmente della Penisola.
 

 

Quanti appassionati conta l’Isola?

 

A dispetto delle potenzialità, in Sardegna i praticanti sono pochi: circa 200, in gran parte uomini. L’ambiente è il più variegato, ma purtroppo mancano i ragazzi al di sotto dei vent’anni: la stragrande maggioranza dei climbers è over 30. Solo ora alcune scuole – come accade in Francia da almeno vent’anni – hanno pareti artificiali per iniziare i giovani a questa attività.

 

Com’è scalare?

 

Le emozioni sono fortissime. Io associo la scalata a un’arte marziale, una disciplina che richiede massimo impegno fisico e psicologico. Per vincere l’istintiva paura dell’altezza c’è bisogno di molta concentrazione. Solo accettando inconsciamente la possibilità di cadere, si superano le difficoltà di una via. Tra i climbers si dice: “Solo chi vola vale, chi non vola è un vile”.

 

Cosa serve per fare arrampicata?

 

L’attrezatura base consiste in un’imbragatura (imbrago), un paio di scarpette, un sacchetto portamagnesite, un set di moschettoni (rinvii), una corda e sopratutto un compagno. Una delle cose che più mi affascina di questo sport è il legame che si crea col compagno di cordata, a cui affidi la tua vita. Il giusto compagno può fare la differenza tra la riuscita o meno di una scalata. Prescindendo da un discorso tecnico, basato sull’esperienza del compagno – per fare un’uscita sicura è necessaria una giusta dose di esperienza tecnica – io non riesco a rendere al massimo se la persona con cui sono non mi stimola, se non c’è feeling.

 

Quali sono le vie più toste in Sardegna?

 

La via più famosa della Sardegna è Hotel Supramonte. Questa linea è stata per un lungo periodo la multipitch (una via lunga proteggibile con gli spit, ovvero dei tasselli) più difficile d’Europa. Si tratta di una via sportiva – composta da una dozzina di vie di arrampicata una sopra l’altra – lunga 300 metri e posta nel bel mezzo delle celebri gole di Su Gorroppu. Se non sei uno scalatore e ti dicono Hotel Supramonte, pensi a De Andrè, ma se scali pensi a un luogo magico raggiungibile solo a piedi, a imprese epiche, alle poche persone che sono riuscite a ripetere questa linea. Oggi il settore con la più alta concentrazione di vie estreme è a Domusnovas. Per chi vuole approfondire, consiglio un articolo nel numero di maggio della rivista Pareti dal titolo Bronx. Al suo interno, oltre a una serie di progetti e di vie ancora da salire in libera, ci sono un “8c” un “8c+” e un “9a” (gradi di difficoltà: il massimo, umanamente parlando, ndr) tutti liberati da Adam Ondra, il diciassettenne ceco che sta riscrivendo la storia dell’arrampicata mondiale.