Suta su monte in costas solianas/ brillan colores de sa ‘idda mia/ rustiga e forte in tempos d’una ‘ia/ a pês de chercos e friscas funtanas./ Oe che pinta de manos de janas/ lughet riente, ‘estida ‘e galania:/ signale elocuente ‘e valentia/ inue ispican sas dotes umanas./ Sos suos ospitales abitantes/ chi li deven sa pàschida e favores/ l’amen che mama de ricca bontade:/ a Issa torren fizos emigrantes/ ch’’idan birdes pasturas e laores/ in tulas de progressu e amistade. (Pinuccio Giudice Marras)

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Abitato fin dall’epoca preistorica, Bono è considerato il capoluogo del Goceano. Come tutti i paesi della Sardegna centrale soffre del dramma dello spopolamento: in 50 anni si è passati dai 4906 abitanti agli odierni 3600.

Sorge a 540 metrisopra del livello del mare ed il suo territorio è caratterizzato da una grande varietà di paesaggi, un susseguirsi armonico di pianure colline e montagne, che si estendono dalla valle del Tirso fino alla cima di Monte Rasu. La sua vetta, Sa Punta Manna, raggiunge i 1259 metri. Per la maggior parte granitica, ma con regioni anche di natura basaltica e alluvionale,  questa zona offre spazi adatti sia al pascolo che alla coltura. Degna di nota per il suo interesse ambientale è la località di Sos Nibberos, alle pendici del Monte Rasu. La sua foresta di Taxus bacata, dichiarata monumento naturale, è la più grande d’Italia con esemplari millenari che raggiungono i16 metri d’altezza.

Il territorio di Bono conserva una ventina di nuraghi, tra i quali il più interessante è quello di Badde Cerchi, in cui  sono ancora individuabili alcune torri e ampi cortili recintati da bastioni. Gli abitanti originari di questa località si stanziarono inizialmente in nuclei vicini, come quelli dei villaggi oggi scomparsi di Bidda Sana e Lorthia. Si pensa che i primi invasori da cui dovettero difendersi gli abitanti di Bono fossero gli Arabi, che con le loro scorribande imperversavano in tutta la Sardegna. Prima dell’avvento e dell’affermazione dei Giudicati, il paese godette sicuramente di una lunga pace e prosperità, interrotta soltanto dalle incursioni saracene nell’interno dell’Isola.

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Bono apparteneva al giudicato di Torrese precisamente alla curatoria del Goceano, insieme a Bottida, Burgos, Anela, Esporlatu, Bultei e Benetutti. Nei primi decenni del XII secolo la Sardegna si arricchì di chiese, monasteri, castelli. Anche Bono edificò una nuova chiesa, in stile pisano, oggi parrocchia di San Michele Arcangelo, considerata una delle più belle tra quelle sarde. Caratteristica principale è il magnifico rosone in trachite rosa presente nella facciata. La chiesa conserva inoltre una statua in legno di San Michele del quindicesimo secolo e un calice d’argento dorato del secolo precedente. Molto curioso il fatto che quattro palle di cannone, cadute nel paese durante un assedio, siano ancora oggi usate come pesi per l’orologio.

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Sotto il governo spagnolo Bono, così come tutta la Sardegna, subì un forte spopolamento e una grande depressione economica. La situazione migliorò notevolmente quando il Regno di Sardegna venne ceduto ai Savoia, grazie soprattutto ad un rilevante progresso dell’attività agricola. Nel1796, inseguito alla partecipazione ai moti antifeudali di Giovanni Maria Angioy, nativo del luogo, il paese venne attaccato dalle truppe piemontesi che lo conquistarono. I bonesi aspettarono i soldati sulla via del ritorno, li attaccarono e ne fecero prigionieri alcuni. Quando nel 1807 il re Vittorio Emanuele istituì le prefetture e le intendenze, Bono fu scelto come capitale della provincia con giurisdizione su 17 comuni. Nel 1821 venne poi inserito in quella di Sassari, sebbene tutt’oggi mantenga maggiori rapporti culturali ed economici con quella di Nuoro.

L’economia locale è soprattutto di tipo agro-pastorale sebbene sia discreta anche la presenza dell’artigianato rappresentato dalla lavorazione del ferro e del legno e della tessitura e panificazione.

Notevole interesse riscuote il patrimonio artistico e culturale: si va dalla già citata Chiesta parrocchiale di San Michele Arcangelo a quel che resta del primo insediamento dei Francescani in Sardegna nella prima metà del Duecento. Grande fascino ridesta, inoltre, il complesso delle Chiese del Campo (Sas crésias de su campu). Si tratta di un insieme di cinque chiese (San Nicola di Bari, Sant’Ambrogio, Santa Barbara, San Gavino e Santa Restituta) che sorgono a poca distanza l’una dall’altra nella zona di Lorthia, a pochi chilometri dal paese.

Momento significativo per la comunità bonese è quello della celebrazione della festa della zucca che si svolge in onore di San Raimondo il 31 agosto e vede il rientro in paese da parte di tanti emigrati.

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Giovanni Maria Angioy

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Da Pier Francesco e Margherita Arras nasce a Bono,  il 21 ottobre 1751, Giovanni Maria Angioy, magistrato e patriota. Rimasto orfano molto presto di entrambi i genitori, della sua educazione si occupò dapprima lo zio materno Don Taddeo, poi i padri Mercedari e infine a Sassari i padri Gesuiti. Laureatosi nel 1771 cominciò l’anno successivo la carriera accademica fino a diventare Giudice della Reale Udienza. Nel 1781 si sposò con Anna Belgrano, figlia di un ricco commerciante e con lei ebbe tre figlie. Amministrò al meglio la ricca dote della moglie gestendo egregiamente le varie attività ma mai dimenticando la politica. Convinto sostenitore di un programma di riforme costituzionali, divenne il leader del partito riformista detto dei novatori in seno al Parlamento. Angioy fu protagonista della seconda fase dei moti rivoluzionari sardi contro i privilegi feudali. Salutato trionfalmente da tutti come un liberatore, contro di lui e i suoi seguaci si scatenò in seguito la reazione dei nemici. I suoi compagni di lotta lo abbandonarono e dovette fuggire dalla Sardegna e cercare riparo in varie città italiane. Nel 1799, ormai privo di appoggi politici sia in Sardegna che in Italia, entrò da esule in Francia e soggiornò sino alla morte, avvenuta il 22 marzo del1808, aParigi nel quartiere di Saint Germain des Prés presso la vedova del generale Dupont. Non è noto il luogo di sepoltura e si pensa ad una fossa comune. Angioy è stato un rivoluzionario e tuttora viene considerato uno dei padri dell’autonomismo e dell’indipendentismo sardo.