di Lucia Cossu

 

La festa della Liberazione dal nazifascismo, il 25 aprile, ci ricorda il valore del sacrificio di chi, in seguito all’armistizio dell’8 settembre del 1943, uno dei momenti più complicati della guerra, ha saputo scegliere da che parte stare. Ed è proprio grazie alla lotta e all’assunzione di responsabilità di ciascuno e di tutti che le dittature nazifasciste sono state sconfitte. Quell’orizzonte di pace, libertà e giustizia deve essere per noi così tanto caro da portarci a esercitare sempre lo spirito critico e a non cedere mai alla lusinga della pigrizia e della rassegnazione nei confronti di soprusi e ingiustizie.

La Resistenza è una tela intessuta con tanti fili, un prezioso impegno collettivo creato da tante energie e differenti ideologie, comunisti e cattolici, repubblicani e monarchici, tutti accumunati da un’unica volontà: sconfiggere il nazifascismo. Quante storie custodisce questa tela: alcune sono note, diverse di esse sono ormai dimenticate, altre possono essere ancora oggi recuperate e restituite alla memoria della collettività.

Salvatore Meloni, sentendo forte quest’esigenza, ha ricostruito, in un lavoro pregiato di recente pubblicazione, la vita avventurosa dell’omonimo zio, giovane carabiniere e partigiano, anch’egli, come l’autore, nato a Villanova Monteleone. “Dalla piazza alla libertà. Salvatore Meloni. Storia di un carabiniere sardo nella Resistenza a Roma” è la biografia romanzata di Salvatore Meloni, medaglia d’argento al valor militare per aver preso parte alla guerra di Liberazione nella capitale occupata dai nazifascisti, morto a soli 22 anni, mentre svolgeva il servizio di scorta armata del generale Angelo Oddone, Capo di Stato Maggiore del Fronte Militare Clandestino. Dei tre commilitoni facenti parte la scorta, solo Antonio Piras ebbe salva la vita; anche il brigadiere Enrico Zuddas morì. Era il 29 maggio del 1944, mancavano solo sei giorni alla liberazione di Roma.

Dalla piazza alla Libertà” è un metaforico gioco di parole: il luogo dell’imboscata –che, per triste ironia della sorte, si chiama proprio piazza della Libertà- è stato un sanguinoso contributo per la Libertà.

Salvatore Meloni, nipote de su cantadore mannu, Remundu Piras, ha saputo riassumere in quest’opera diverse sue passioni: la scrittura, la politica e la storia. Il filo rosso è dato dal suo impegno civile, politico e culturale esercitato, sin da giovanissimo, non solo nell’ambito del proprio paese. Il libro, oltre a svelarci la storia del giovane partigiano sardo, riporta l’attenzione su una pagina di storia poco nota, ossia il ruolo dei Carabinieri nella Resistenza. L’armistizio, reso noto l’8 settembre del 1943, tra il governo italiano e gli Alleati ha generato in Italia uno stato di grande confusione e incertezza, dato che il re e il maresciallo Badoglio avevano abbandonato Roma senza dare istruzioni. L’Italia è divisa in due: a sud gli angloamericani, sbarcati in Sicilia il 10 luglio, stanno risalendo la penisola; mentre l’Italia centro-settentrionale, sottoposta alla Repubblica di Salò, è di fatto soggetta al potere militare nazista. Roma, dichiarata città aperta, dopo la fuga ignominiosa del sovrano e del governo, è occupata dai tedeschi. Proprio nella Città eterna nasce il Comitato di Liberazione Nazionale, il CLN.

In questo frangente così delicato e complesso, quale è stato il ruolo assunto dai Reali Carabinieri? Come ci ricorda Salvatore Meloni: in Italia se ne contavano circa 80.000, dei quali 12.000 erano impegnati nei fronti di guerra. Mussolini non amava l’Arma, la giudicava inaffidabile perché fedele al re, del resto erano stati proprio i carabinieri ad arrestarlo, quel 23 luglio; lo stesso giudizio negativo era condiviso dai tedeschi. Dato che il tentativo di convincere i Carabinieri ad aderire alla Repubblica di Salò aveva ottenuto scarsi risultati, poco prima della deportazione degli ebrei romani, anche i militari dell’Arma subiscono la stessa sorte: il 7 ottobre dalle caserme della capitale furono rastrellati oltre 2.000 carabinieri.

Tra i deportati figurano anche i villanovesi Salvatore Meloni e Antonio Piras, ma la loro storia non si conclude qui: i ragazzi in modo avventuroso riescono a saltare dal treno in corsa verso i lager tedeschi e si salvano. Cosa accadde in seguito a quel salto? I due carabinieri aderiscono alla Resistenza romana nelle fila della Banda Caruso, una delle formazioni partigiane create e guidate dagli ufficiali dell’Arma. Molti reparti dei Carabinieri aderiscono, infatti, alla Resistenza. La trama si tinge di giallo e di suspence: ci inoltriamo, come in una fiction, lungo le strade romane, seguiamo i movimenti avventurosi dei due carabinieri, i loro coraggiosi atti di sabotaggio. Il racconto è vivido: proviamo le emozioni dei protagonisti, li accompagniamo, giorno dopo giorno, sempre più col cuore in gola, sino alla fatidica Piazza.

Se il destino crudele ebbe compimento a Roma, la storia vide il proprio inizio a Villanova Monteleone, località nell’entroterra della costa nord occidentale sarda. Da questi luoghi ameni prende avvio il racconto biografico, così poetico, di un ragazzo, di una famiglia, di un paese. Una storia privata eppure così comune a tanta parte delle nostre comunità isolane. Il riscatto, il desiderio di una vita migliore e di un futuro, in Sardegna così amaro, spingeva -e ancora oggi spinge- tanti giovani ad attraversare il mare. Per Salvatore Meloni il viaggio che si apprestava a compiere, quel 26 aprile del 1941, fu di sola andata, ma non poteva saperlo. E così, con animo fiducioso e forte, lascia la famiglia e le materne terre di Sardegna -spesso avare con le loro millenarie e ordinarie preoccupazioni per le piogge, i prezzi e il bestiame- e si reca nella Penisola con la divisa da carabiniere. La sua storia si intreccia sin dalla partenza con la storia dell’amico, Antonio Piras, il quale, come abbiamo visto, ebbe una diversa sorte.

Il lungo e complesso lavoro di ricostruzione è il frutto di un attento studio della storia e di un’accurata ricerca tra i pochi documenti disponibili su Salvatore Meloni: le relazioni di servizio, alcune memorie scritte e le testimonianze orali. Tanti i pregi del libro: tra questi, l’aver inserito in modo armonioso la vicenda personale all’interno della storia della Resistenza romana e della seconda guerra mondiale; il quadro realistico e non folklorizzato della Sardegna degli anni Venti e Trenta; e, non in ultimo, l’averci restituito tutta la passione e la forza di un giovane, il quale, incontrata la morte troppo presto, ha saputo vivere intensamente e con grande eticità la sua età e la sua epoca.

Il libro ha riscontrato sin da subito un buon interesse di pubblico. Tra aprile e maggio sono previste diverse presentazioni, molte delle quali a cura dell’ANPI, l’Associazione Nazionale Partigiani Italiani. Durante questi incontri non è mai mancata una nutrita rappresentanza dell’Arma dei Carabinieri.

“Ho scritto pensando soprattutto ai miei bambini Alessio e Maira e a mio padre Giovanni. È a loro, infatti, che ho dedicato il libro. Ai primi con l’idea che difficilmente potranno esimersi, un domani, dal leggere un testo scritto da un loro genitore e con la lettura conoscere meglio lui, quello che racconta e i valori di democrazia e libertà che ha voluto trasmettere. Al secondo, recentemente scomparso, ho voluto far sapere fatti che ignorava sulla vita di un fratello amato. Ma non nascondo -mi dice, Salvatore Meloni- che mentre procedevo nel lavoro ho pensato anche ai tanti carabinieri oggi in servizio che semplicemente ignorano questo pezzo glorioso di storia dell’Arma, o a quelli, che magari, Mussolini lo ammirano. Infine, come si evince anche dalla prima parte del lavoro, il libro l’ho scritto per i miei concittadini, perché è da Villanova Monteleone che parte la vicenda umana di Salvatore Meloni. Ma, naturalmente, un libro si scrive per tutti. Pochi o molti lettori. Con la speranza che abbia sempre qualcosa da dire.”