È delicato e leggero. È fragile. Ma i suoi piccoli fiori, che hanno talora la grazia evanescente di un solo giorno, rimediano con i loro tenui colori e la lunga alternanza di boccioli alla poca appariscenza e alla mancanza di profumo.

Sto parlando del Linum usitatissimum: il nome botanico fa capire che della pianta si usa proprio tutto, dalle fibre dello stelo si ricavano pregiati tessuti, il seme e l’olio spremuto da quest’ultimo sono apprezzati come alimento-farmaco, nella cosmesi, dai pittori e dai falegnami. Quest’umile piantina, piccola e graziosa, con fiorellini blu, è stata utilizzata fin dall’antichità. Da millenni, infatti, ha accompagnato e segue l’uomo nell’evoluzione continua delle civiltà, che fluiscono l’una nell’altra, compenetrandosi e arricchendosi nel passare dall’uno all’altro paese. Pensiamo agli Egizi (le mummie dei Faraoni erano avvolte in tele di lino), a tanti popoli del Medio Oriente come del Nord, ai Greci e ai Romani.  A tutti il Lino ha dato di che vestirsi, di che curarsi, di che arricchire la propria alimentazione. E oggi? Dopo essere stata trascurata con l’arrivo della modernità, finalmente ha ripreso l’importanza che le spetta: il Lino offre fibre che dànno tessuti incomparabilmente delicati e freschi e semi ricchi di proprietà salutari e inoltre sfruttati in un arco di utilizzazioni assai vasto.

La fitoterapia si è avvalsa e ricorre largamente alle proprietà rinfrescanti ed emollienti dei semi di lino, con medicamenti che vanno dai cataplasmi (per le bronchiti, ad esempio) ai decotti, ecc. Anche l’olio è assai utile nell’ambito dei rimedi naturali, ma le sue possibilità d’impiego sono molte anche in altri campi.

In Sardegna fu introdotto dai Fenici. Per crescere bene ha bisogno di terreni fertili e soleggiati. I contadini della Media Valle del Tirso lo seminavano in una striscia laterale o in mezzo ai campi di grano in autunno. Nel mese di giugno, una volta sfiorito e ormai montato a seme, le donne raccoglievano gli steli interi e iniziava il grande lavoro di trasformazione in tessuto e di raccolta dei preziosi semi.

Nelle colline dell’Iglesiente è presente una specie esclusiva: Linum muelleri Moris.

Fra le specie spontanee abbiamo anche il L. bienne Miller, lino selvatico con petali celeste chiaro.

Vediamo da vicino la nostra bella pianta:  è un’erba annua a fusto eretto, alta fino a un metro, con foglie lisce, fiori piccoli e semi lucidi contenuti in una capsula globosa a molteplici divisioni interne.

 

Nome sardo: linu (usitatissimum), linu burdu (angustifolium)

Parti usate

Steli (per i tessuti)

Semi (raccolti appena a maturazione, si lasciano a essiccare all’ombra, in luogo caldo arieggiato).

 

 

Componenti principali

-Mucillagini: fibre

-Olio fisso contenente: acido linolenico (omega 3), linoleico (omega 6) e oleico (sono acidi polinsaturi)

-Acidi saturi quali il miristico, lo stearico e il palmitico

-Proteine, tannino, sali di magnesio e potassio

-Lecitina

-Linamarina (glucoside cianogenetico)

Nell’involucro dei semi di lino c’è la fonte più ricca di lignano, un composto riconosciuto come potente antiossidante e anticancerogeno ed estrogenico.

 

Attività principali

Emolliente, antinfiammatoria, lenitiva, ipocolesterolemizzante, Estrogenica (lignani).

 

Indicazioni

Stitichezza, disturbi gastrointestinali, colesterolo alto, menopausa.

 

Uso e dosi

 

Uso interno

Infuso: un cucchiaio di semi in una tazza d’acqua bollente, bere mattina e sera nelle infiammazioni delle vie respiratorie, dello stomaco e delle vie urinarie. È un rimedio valido per la stitichezza ostinata se preso a digiuno per più giorni consecutivi.

Sempre per la regolarizzazione intestinale è utile assumere un cucchiaio 1-2 volte al giorno di semi crudi in un vasetto di yogurt o in una sostanza densa.

Decotto: un cucchiaino di semi in una tazza d’acqua bollente. Riposo quindici minuti. Filtrare, dolcificare con miele e poco limone e berlo nelle infiammazioni gastro-intestinali, dopo i pasti principali.

Olio di Lino spremuto a freddo: uno-due cucchiai al giorno.(Comperatelo solo in piccole bottiglie di vetro scuro, tenete queste sempre ben chiuse e al riparo dalla luce e consumate l’olio in tempi brevi).

 

Uso esterno

Cataplasma: si fanno bollire quattro cucchiai di farina di lino o di semi con 300 ml di acqua per dieci minuti sempre mescolando. Si versa la crema calda su un panno, si piega più volte per evitare ustioni, poi si adagia sul petto. Coprire con un panno caldo e tenere il più possibile. Cura la tosse secca e le infiammazioni bronchiali.

I cataplasmi sono utili nel trattamento delle flogosi locali, nelle foruncolosi e negli ascessi esterni: li fa “maturare”, aiuta la risoluzione e la cicatrizzazione.

Frizioni di olio di lino sono efficaci per ridare elasticità alla pelle e per tonificare il cuoio capelluto contro la caduta dei capelli.

Negli shampoo e balsami per capelli delicati e fragili si trova l’estratto di semi di lino. Oppure possiamo prepararlo noi: portare a bollore 50 gr. di semi interi in mezzo litro d’acqua, lasciare bollire per dieci minuti mescolando. Togliere con un cucchiaio la gelatina formatasi sulla superficie e distribuirla sui capelli, dopo il lavaggio. Lasciare agire per alcuni minuti, quindi sciacquare: i capelli saranno morbidi e lucenti!

 

Tossicità ed effetti secondari

-Sono controindicati nei soggetti sofferenti di diverticolosi.

-Come per tutte le piante che contengono molte mucillagini, vi può essere un rallentamento dell’assorbimento dei farmaci, vitamine, ecc. per cui è consigliabile distanziare almeno di un’ora la loro assunzione.

-Se si assumono i semi a crudo è bene bere acqua in abbondanza perché è assodato che i semi, rigonfiandosi nell’intestino, assorbono acqua e rendono più voluminosa la massa del bolo così da esercitare già solo meccanicamente, un’attivazione dell’intestino.

 

Il lino in cucina

L’olio si usa crudo nelle insalate e nelle pietanze. I semini possono costituire, come quelli di sesamo, cumino e altri ancora, una piacevolissima aggiunta a panini, cialde, crakers e dolci vari, che arricchiscono anche nutrizionalmente.

 

Se si vuole conoscere bene la storia della lavorazione del lino come tessuto sarà utili andare a Busachi dove c’è il Museo del Lino. Dalle foto della semina agli attrezzi per la lavorazione degli steli, fino alla completamento del ciclo lavorativo, quindi agli armadi pieni di indumenti e tovaglie. Da vedere davvero!

Nella medicina popolare c’è una preghiera che le nostre nonne facevano per eliminare i vermi intestinali: prendevano il filo del lino tagliato a pezzi, lo mettevano in un bicchiere d’acqua e dopo aver recitato le preghiere, lo davano al sofferente. Con il Pater nostro pronunciavano la seguente preghiera:

Sant’Andrìa, Sant’Andrìa/ custa est sa maladia/ li dolet sa entre/ chi custu male/ distrutu siat/ comente su erme/ at distrutu a Giobbe/ su ‘erme siat distrutu…/ dae sa potentzia ostra/ dae Sant’Andria/ totu torret a nudda.

Eh! Questo lino!